Nella Messa per solennità dei santi Pietro e Paolo il Papa ha messo in guardia dal rischio di ridurre “la grande corrente di novità e di vita che è il Vangelo” a una fede che “cade nel formalismo e nell’abitudine”. Mentre invece l’annuncio del Vangelo “non è neutrale, non è acqua distillata”, e di conseguenza “non lascia le cose come stanno”.
Quella auspicata dal Papa è cioè una Chiesa capace di alzarsi in piedi di fronte alle ingiustizie, che non si limita a ripiegarsi su sé stessa ma al contrario si mobilita per incontrare il mondo e gli uomini e le donne che vi abitando. Proprio come fecero i Santi Pietro e Paolo: un atto di alzarsi in fretta che rievoca la mattina di Pasqua, la Resurrezione, ovvero “uscire fuori verso la luce”, come la Chiesa è chiamata a fare per seguire il Signore, nonostante le tante resistenze che si presentano continuamente.
“Una Chiesa senza catene e senza muri, in cui ciascuno possa sentirsi accolto e accompagnato, in cui si coltivino l’arte dell’ascolto, del dialogo, della partecipazione, sotto l’unica autorità dello Spirito Santo”, è l’immagine tratteggiata da Francesco, quasi come a delineare uno scatto programmatico. “Una Chiesa libera e umile, che si alza in fretta, che non temporeggia, non accumula ritardi sulle sfide dell’oggi, non si attarda nei recinti sacri, ma si lascia animare dalla passione per l’annuncio del Vangelo e dal desiderio di raggiungere tutti e accogliere tutti. Non dimentichiamo questa parola: tutti”.
Nella giornata di oggi si festeggia infatti la solennità dei santi Pietro e Paolo, e come ogni anno per l’occasione Bergoglio ha presieduto la Messa nella Basilica vaticana, davanti ai nuovi arcivescovi metropoliti, quarantaquattro quelli nominati nel corso di quest’anno e quasi tutti presenti in basilica, davanti all’Altare della Cattedra, e a una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Le sue parole prendono così spunto dalla testimonianza dei due apostoli, e l’invito è quello di alzarsi in piedi per rendere il mondo “più umano”. “Andate all’incrocio delle strade e portate tutti, ciechi sordi zoppi ammalati giusti peccatori: tutti, tutti! Questa parola del Signore deve risuonare, risuonare nella mente e nel cuore: tutti, nella Chiesa c’è posto per tutti”, è il forte invito del Papa, pronunciato a braccio. “Tante volte noi diventiamo una Chiesa dalle porte aperte ma per congedare gente, per condannare gente. Ieri uno di voi mi diceva: Per la Chiesa questo non è il tempo dei congedi, è il tempo dell’accoglienza. Non sono venuti al banchetto, andate all’incrocio. Tutti, tutti! Ma sono peccatori…. Tutti!
All’inizio della celebrazione eucaristica il cardinale James Michael Harvey ha presentato al Papa i Palli liturgici, che ha benedetto dopo la formula di giuramento recitata da ciascun metropolita. Si tratta di paramenti liturgici costituiti da una semplice striscia di stoffa di lana bianca, con delle croci nere ricamate al centro, che simboleggiano il compito pastorale di cui gli arcivescovi metropoliti sono incaricati. Vale a dire la pecora che il pastore porta sulle sue spalle, come Cristo con il suo popolo.
Al termine dell’omelia Francesco ha anche salutato e ringraziato la delegazione del Patriarcato Ecumenico, con un messaggio speciale per il “caro fratello Bartolomeo”. L’invito è quello di camminare “insieme, perché solo insieme possiamo essere seme di Vangelo e testimoni di fraternità”.
Per tutti, l’appello è a rifuggire la pigrizia per gettare lo sguardo verso il mare aperto, verso orizzonti nuovi, e non lasciarsi incatenare come Paolo nella prigione dell’abitudine e delle consuetudini. Evitando cioè di scivolare nella mediocrità spirituale, quella di “tirare a campare” anche nella vita pastorale, indebolendo l’entusiasmo della missione e incamerando tiepidezza e inerzia. Mentre al contrario il Vangelo “accende il fuoco del Regno di Dio laddove invece regnano i meccanismi umani del potere, del male, della violenza, della corruzione, dell’ingiustizia, dell’emarginazione”.