Le ultime amministrative hanno messo in luce una tendenza che va avanti ormai da anni nel nostro Paese e che sta portando dei vantaggi a una determinata categoria politica. L’indagine su Libero con l’intervista a Carlo Buttaroni, fondatore e presidente dell’Istituto demoscopico Tecnè
Appare un quadro nuovo, differente rispetto al passato, in riferimento all’affluenza alle urne. Questo emerge da un’analisi riportata da Libero di Carlo Buttaroni, fondatore e presidente dell’Istituto demoscopico Tecnè. A pochi giorni dalla conclusione dei ballottaggi delle amministrative, infatti, è emerso un 30% in meno di presenza di elettori a basso reddito, che dalla politica vorrebbero degli aiuti più concreti: “Dal voto ideologico ormai siamo passati a quello economico, anche perché le ideologie non esistono praticamente più: gli elettori politici a basso reddito, dalla politica vogliono aiuti concreti, e se la politica non è in grado di darglieli tranne a spot e a una platea molto ristretta come nel caso del reddito di cittadinanza, le fasce meno abbienti non vanno più a votare, ne abbiamo avuto la certificazione“.
Precisamente l’analisi evidenzia che al primo turno abbia votato il 28% degli elettori a basso reddito, il 63% di quelli a medio reddito e il 79% di quelli ad alto reddito. Una percentuale simile a quella del referendum, visto che a livello nazionale ha votato rispettivamente – sempre secondo queste tre categorie – il 13%, il 24% e il 32%.
A suo giudizio l’inizio di questa sorta di disaffezione di classe verso il mondo politico è nata nel 2008, quando la “crisi finanziaria ha spinto il ceto medio in basso e l’ha fatto diventare una fascia fragile“. Quel passaggio è stato epocale, perché se prima c’erano le ideologie a spingere comunque la popolazione alle urne, adesso in loro assenza è maggiore il disinteresse. Tuttavia viene precisato che occorre fare una distinzione tra il primo e il secondo turno, “perché alcuni giornali e trasmissioni hanno scritto e detto che le elezioni le ha vinte il Pd, ma francamente mi sembra un po’ esagerato, perché il primo turno ha avuto tutt’altro segno, e vanno guardati i dati nella loro interezza, non in modo parziale“. L’analisi prosegue sottolineando che il centrosinistra non fa più presa sui ceti più bassi (quelli che si stanno astenendo di più), ma che paradossalmente questo sia per loro un vantaggio, perché più cresce l’astensionismo e più le percentuali del Pd sono destinate a crescere: “Se è vero che alle politiche l’astensionismo diminuisce sensibilmente rispetto alle amministrative, è altrettanto vero che la forbice tra il voto del ceto medio-alto e quello basso si allarga sempre di più, favorendo, sulla carta, il centro sinistra“.