In una giornata storica per la Chiesa del Congo, in cui il Papa avrebbe dovuto trovarsi proprio nel Paese africano, Francesco ha dato indicazioni alla Chiesa ricordando che “si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli”, o “convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza”. Poi l’affondo sull’Ucraina.
Sono alcune delle parole pronunciate da Papa Francesco prima dell’Angelus in Piazza San Pietro, al termine del quale ha ricordato ancora una volta il dramma ucraino chiedendo preghiere e un cambio di rotta. “Continuiamo a pregare per la pace in Ucraina”, ha chiesto Bergoglio. “Il mondo ha bisogno di una pace non basata sul’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca, che vuol dire fare tornare indietro la storia di settant’anni”, ha proseguito, spiegando che “l’Ucraina potrebbe essere una sfida per statisti saggi”. Ma per fare ciò “bisogna passare dalle strategie economiche e militari a uno di pace globale”. “No a un mondo diviso dal conflitto, sì a un mondo fondato sulla pace e il rispetto”, è il messaggio finale del Pontefice.
Nel Vangelo della Liturgia di questa domenica si legge che «il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1). “I discepoli sono inviati a due a due, non singolarmente”, ha commentato il Papa dal balcone che si affaccia su Piazza San Pietro. “Andare in missione a due a due, da un punto di vista pratico, sembrerebbe comportare più svantaggi che vantaggi. C’è il rischio che i due non vadano d’accordo, che abbiano un passo diverso, che uno si stanchi o si ammali lungo la via, costringendo anche l’altro a fermarsi. Quando invece si è da soli, sembra che il cammino diventi più spedito e senza intoppi. Gesù però non la pensa così: davanti a sé non invia dei solitari, ma discepoli che vanno a due a due“.
Tutto questo per la ragione che il “compito dei discepoli è di andare avanti nei villaggi e preparare la gente ad accogliere Gesù; e le istruzioni che Egli dà loro sono non tanto su che cosa devono dire, quanto su come devono essere: sulla testimonianza da dare più che sulle parole da dire. Infatti li definisce operai: sono cioè chiamati a operare, a evangelizzare mediante il loro comportamento. E la prima azione concreta con cui i discepoli svolgono la loro missione è proprio quella di andare a due a due. Non sono dei “battitori liberi”, dei predicatori che non sanno cedere la parola a un altro. È anzitutto la vita stessa dei discepoli ad annunciare il Vangelo: il loro saper stare insieme, il rispettarsi reciprocamente, il non voler dimostrare di essere più capace dell’altro, il concorde riferimento all’unico Maestro“.
Il 2 luglio Papa Francesco avrebbe dovuto trovarsi in Africa, a Kinshasa, per il suo Viaggio apostolico, che tuttavia ha dovuto rimandare per cause di salute e con grande dolore della popolazione locale. Ma in segno di vicinanza e di affetto per le popolazioni che lo attendevano, Bergoglio ha deciso di celebrare a San Pietro la Messa con la comunità congolese romana e ha invocato pace e riconciliazione per la Repubblica Democratica del Congo.
“Una volta, un missionario raccontava di essere partito per l’Africa insieme a un confratello”, ha raccontato ancora prima della recita della preghiera mariana. “Dopo qualche tempo però si separò da lui, fermandosi in un villaggio dove realizzò con successo una serie di attività edilizie per il bene della comunità. Tutto funzionava. Ma un giorno ebbe come un sussulto: si accorse che la sua vita era quella di un bravo imprenditore, sempre in mezzo a cantieri e carte contabili! Allora lasciò la gestione ad altri, ai laici, e raggiunse il suo confratello. Comprese così perché il Signore aveva mandato i discepoli “a due a due”: la missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, cioè sul “fare”, ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta“.
Tuttavia la data del 2 luglio 2022 sarà comunque ricordata dalla Chiesa della Repubblica Democratica del Congo come una giornata storica e di grazia. Proprio nella serata di ieri infatti sono stati firmati a Kinshasa degli Accordi specifici tra la Conferenza episcopale congolese e il Governo che permettono finalmente il riconoscimento della natura propria della Chiesa, finora considerata dallo Stato come una semplice associazione senza scopo di lucro. Una cerimonia avvenuta alla presenza del segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, che prima ha incontrato per oltre mezz’ora il primo ministro Jean-Michel Sama Lukonde.
“Come portiamo agli altri la buona notizia del Vangelo? Lo facciamo con spirito e stile fraterno, oppure alla maniera del mondo, con protagonismo, competitività ed efficientismo?”, sono le domande che concludono l’Angelus del Papa. “Domandiamoci se abbiamo la capacità di collaborare, se sappiamo prendere decisioni insieme, rispettando sinceramente chi ci sta accanto e tenendo conto del suo punto di vista. In comunità, non da soli. Infatti, è soprattutto così che la vita del discepolo lascia trasparire quella del Maestro, annunciandolo realmente agli altri“