Una nuova intercettazione sui fratelli Bianchi, condannati per la morte di Willy, sembra spiegare meglio le loro personalità. Ecco tutti i dettagli.
La condanna all’ergastolo per i fratelli Bianchi è stata accolta con un lungo applauso in aula, ma i retroscena e le intercettazioni di questa indagine continuano a venire fuori e molto probabilmente proseguiranno nei prossimi giorni.
E in una delle ultime intercettazioni, pubblicate dal Corriere della Sera e riportate da Libero, si precisa come Gabriele Bianchi voleva chiamare suo figlio Aureliano come il protagonista di Suburra. Una richiesta che uno dei due fratelli ha confermato anche subito dopo l’arresto nonostante il no della fidanzata.
“Il 30 ottobre esce la nuova serie – le parole di Gabriele – e si chiama il ritorno di Aureliano. Non si può chiamare in altro modo“. “Vi contestano ogni cosa – ribatte la fidanzata – lo stile di vita e tutto e tu non ti rendi conto di quello che sta succedendo fuori. Cioè quello va scuola ed è subito massacrato“. Ma uno dei fratelli Bianchi non si arrende: “Non chiamate mio figlio come un salame“.
Morte Willy, fratelli Bianchi condannati all’ergastolo
Intercettazioni che stanno uscendo fuori anche dopo la condanna all’ergastolo per i fratelli Bianchi. Ricordiamo che i giudici hanno deciso una pena a 23 e 21 anni rispettivamente per Francesco Belleggia e Mario Pincarelli.
La sentenza è stata accolta con molta soddisfazione da parte dei genitori e degli amici di Willy oltre che dal pubblico pubblico ministero. Discorso diverso, invece, per il legale di Marco e Gabriele Bianchi. L’avvocato ha parlato di “un processo mediatico” e di condanne che “vanno contro tutti i principi logici“.
Nelle prossime settimane saranno pubblicate le motivazioni di questa sentenza e la difesa ha già confermato la propria intenzione di fare ricorso in appello contro la decisione presa in primo grado. Quindi la battaglia si sposterà in secondo grado e quasi sicuramente successivamente si arriverà in Cassazione visto che sia l’accusa che la difesa sono pronte a darsi battaglia per confermare o ribaltare le decisioni di primo grado.