L’ex ct azzurro è tornato a parlare al Corriere della Sera. Dagli inizi in pasticceria al trionfo in Germania. Ecco i passaggi principali dell’intervista.
Una lunga, lunghissima, intervista. Marcello Lippi si è raccontato svelando aneddoti privati e della sua carriera, da calciatore prima e da allenatore poi. Dagli inizi sgangherati al trionfo nel Mondiale del 2006.
“Non avevo voglia di andare a scuola, pensavo solo al pallone”, inizia l’ex ct della Nazionale. “Mio padre aveva un laboratorio di pasticceria, non andavo tanto bene a scuola, per questo davo una mano e portavo i dolci ai bar”. Nel settembre del 1970 arrivò l’occasione Sampdoria: “Mi accompagnarono i miei genitori, dovevo mettermi il vestito. Avevo solo un gessato di flanella, neanche posso spiegare il caldo che faceva. Il sigaro? In verità ho sempre fumato la sigaretta, fin da quando avevo 15 anni. Ho continuato anche da calciatore, quando allenavo ne fumavo così tante che mi faceva male la gola. Quindi passai ai sigarini più leggeri, ancora oggi fumo gli stessi, i danesi. Ma mai di mattina”.
“Avevo già avvertito che sarei andato via a prescindere dal risultato”
Lippi naturalmente commenta il Mondiale conquistato in Germania e gli effetti che ebbe Calciopoli sul gruppo in quei momenti: “Rompevano le scatole anche a mio figlio, per la Gea. Ero arrabbiato, non aveva neanche una stanza negli uffici della Gea, non ne faceva parte. Dissi al presidente federale che me ne sarei andato a prescindere dal risultato. Sono stato di parola. L’ho fatto anche se Gattuso mi pigliava per il collo e mi diceva ‘ma dove vai? Qui vinciamo anche gli Europei’. Era un gruppo di persone di alto livello e personalità, ecco perché abbiamo vinto. Ero convinto che ce l’avremmo fatta”. Sul momento attuale del calcio italiano: “La presenza degli stranieri ha un peso, però c’erano anche negli anni di Del Piero e Totti. Di bravi ce ne sono ancora”. Nella prossima Serie A una massiccia la presenza di allenatori toscani, saranno addirittura 7: “Abbiamo conoscenze calcistiche, esperienza, passione e anche quella scaltrezza che serve in questo lavoro”.