Durante la pandemia ha insegnato ai ragazzi il valore della preghiera sul web. “Su di me Fedez ha detto delle bugie”
E’ uno dei sacerdoti più seguiti on line. Durante la pandemia ha saputo attirare le attenzioni dei giovani spiegandogli, con il linguaggio che preferiscono, il valore della preghiera. I suoi video in rete hanno fatto registrare picchi di visualizzazioni imponenti. Su Tik Tok ha oltre 92.000 followers: su Instagram 139.000, mentre sono quasi 150.000 gli iscritti al suo canale Youtube.
Alberto Ravagnani (Don Rava per gli amici) è diventato una star del web. Qualcuno lo avrebbe voluto vedere nella casa del Grande Fratello Vip, ma lui ha smentito (“Non andrò mai, ma di sicuro vincerei»), perché il suo unico, grande, amore, è Dio. Ordinato sacerdote nel 2018, Don Alberto e oggi è coadiutore dell’oratorio san Filippo Neri della parrocchia san Michele Arcangelo di Busto Arsizio (Va). In rete ha fatto scalpore la “rottura” con Fedez. “Lui improvvisamente mi ha bloccato, senza spiegazioni e senza avvisarmi. Mi ha accusato di averlo “tartassato” di messaggi, cosa non vera: non gli ho mai scritto. Mi sono interrogato sul senso del gesto: come personaggi pubblici, l’impossibilità di poter interagire è una forma di censura. Ha deciso di tenere chiusa la porta per evitare di continuare ad avere confronti con me”, ha dichiarato al Corriere della Sera.
La sua vita è cambiata durante la pandemia. Quando ha iniziato a diffondere i primi video. Dan Alberto, per primo, si è reso conto che parlare di preghiera ai giovani, usando il loro linguaggio, era un percorso innovativo, ma straordinariamente efficace. “Prima della quarantena ero un “normale” prete d’oratorio, poi ho pensato che avrei dovuto inventarmi qualcosa per restare vicino ai ragazzi. Così ho girato un video su YouTube (A cosa serve pregare), diventato in poco tempo virale. Mi sono buttato, spinto da una collega di religione, senza velleità, e per tutta la settimana ho girato un filmato al giorno, impratichendomi con il montaggio. Ho raggiunto migliaia di persone e capito che i social sono uno strumento utile per fare quello di cui mi occupo tutti i giorni: parlare di Dio. Non significa mondanizzarsi cambiare il linguaggio che usiamo per raggiungere i giovani”.
Il suo approccio alla preghiera risale alla sua adolescenza. “Volevo essere felice, come tanti adolescenti a quell’età, ma non riuscivo fino in fondo: non mi sentivo amato. Poi, con l’aiuto di don Pietro, durante una confessione, ho capito cosa mancava. Mentre parlavo delle ferite e del sentirmi inadeguato, ho sentito l’amore entrare dentro di me: era Dio. Sono tornato a casa che ero un’altra persona”, ha continuato sulle pagine del Corriere della Sera. “Al liceo classico andavo bene, non potevo lamentarmi. Avevo, però, bisogno di trovare un amico vero, non semplici compagni per uscire la sera. Mi ero preso una cotta per una ragazza, ma solo la scoperta di un nuovo orizzonte mi ha reso davvero contento. E alla fine, mi sono scoperto più innamorato dei miei compagni innamorati. Ho iniziato a pregare, senza sapere come si facesse. La sera mi chiudevo in camera: accendevo la lampada, tiravo fuori una piccola croce della Prima comunione dimenticata nel cassetto, un temperino di Art Attack e una matita, e iniziavo a leggere. Non sapevo niente di Gesù e le sue parole di uomo, senza formalismi, mi hanno affascinato. Pregavo di nascosto, anche da mio fratello Pietro, più piccolo”.
Ha provato a parlare ai giovani, spiegandogli il valore della preghiera. Ora il prossimo step è convincerli ad amare la messa. “Manca l’educazione alla vita spirituale: la crisi di fede che arriva in adolescenza non è mai accompagnata. Inevitabilmente cambia il modo di approcciarsi a Dio, da adulti. La messa è un luogo decisivo: tanti smettono di andarci perché si sentono inadeguati e la vedono, forse in modo infantile, come “qualcosa da fare”. Non si tratta di compiacere un padrone, i nostri peccati non sono uno scandalo, ma un momento di incontro con Dio. L’iniziazione cristiana si riduce spesso a una serie di informazioni, scolastiche, in attesa dei sacramenti”.