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Cronaca

E’ morto Eugenio Scalfari, il “papà” di Repubblica: aveva 98 anni

Published by
Daniele Magliocchetti

Viene considerato uno dei giornalisti italiani più importanti del ventesimo secolo, ha contribuito a fondare l’Espresso e poi dopo il quotidiano

E’ morto Eugenio Scalfari, aveva 98 anni ed è stato uno dei giornalisti, se non proprio il giornalista più importante del ventesimo secolo. Almeno secondo tanti suoi colleghi e anche “nemici”. Se ne è andato dopo una lunga malattia. Era nato il 6 aprile 1924 a Roma, è un giornalista i cui entrambi i genitori avevano origini calabresi. Dissacrante, polemico, saggio, dotto e, secondo alcuni, illuminato. Sicuramente, ci sarà chi è d’accordo e chi meno, Scalfari, nonostante tutto, resta una delle mente più illustri del nostro Belpaese. Un giornalista, ma anche un uomo che aveva le sue idee e i suoi principi. In merito alle sue condizioni di salute, Scalfari ha scritto un editoriale su Repubblica nel 2021 asserendo che “La salute del corpo e della mente è buona, la capacità di lavoro non è diminuita e la fantasia è sempre quella che mi ha tenuto compagnia per tanti anni, conducendomi a progettare il futuro e spingermi in nuovi sentieri da esplorare e percorrere. Eppure sento che il viaggio volge alla fine”

Il fondatore di Repubblica e de L’Espresso Eugenio Scalfari, aveva 98 anni (foto Ansa)

Nel 1976 Eugenio Scalfari fondò il quotidiano La Repubblica, operazione portata avanti con il Gruppo l’Espresso e La Arnoldo Mondadori editore. Sotto la sua direzione il quotidiano romano divenne per lungo tempo il principale giornale italiano per tiratura. Il quotidiano negli anni ottanta passò poi nelle mani di Carlo De Benedetti, con il quale romperà i rapporti il 9 gennaio 2018. Dal 1994 e per circa vent’anni, dapprima in solitaria, porterà avanti una battaglia contro la figura di Silvio Berlusconi.

L’Italia perde un grande uomo: di sé diceva di essere un “poeta” e “in più amico del Papa”

Eugenio Scalfari in un’immagine di qualche anno fa, in compagni con le figlie Enrica e Donata (foto Ansa)

Per un padre ormai vecchio, non anziano ma vecchio, avere le figlie che gli raccontano la vita fatta insieme è una cosa eccellente. Detto questo, la mia vita è molto complicata. Complicata, bellissima, ricca, un capitolo di storia italiana: questa è l’esistenza di Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, giornalista, editore, politico, scrittore, per sua definizione “poeta” e “in più amico del Papa”. Ma anche, soprattutto padre. Scalfari, a sentimental journey, il documentario delle figlie Enrica e Donata insieme a Anna Migotto, con la regia di Michele Mally (realizzato da 3D Produzioni con Rai Documentari che fu presentato alla Festa di Roma)

Iscrittosi presso il liceo Mamiani di Roma in un primo momento, concluderà la sua istruzione superiore al liceo classico G.D Cassini di Sanremo dove si era trasferito, per via del lavoro del padre, insieme alla sua famiglia. Il suo esordio nel giornalismo avviene con Roma Fascista, organo ufficiale del Gruppo Universitario Fascista mentre era studente di giurisprudenza. Negli anni successivi ha poi collaborato ancora con riviste e periodici legati al fascismo, come Nuovo Occidente, fino a che nel 1942 Scalfari sarà nominato caporedattore di Roma FascistaNel 1943 scrisse una serie di corsivi non firmati sulla prima pagina di Roma Fascista, in cui lanciò generiche accuse verso speculazioni da parte di gerarchi sulla costruzione dell’Eur. Alle elezioni politiche del 1968, Scalfari viene eletto deputato nelle liste del PSI e la sua esperienza in parlamento durò fino al 1972. Eugenio Scalfari nel 1950 si è sposato con la figlia del giornalista Giulio De Benedetti, Simonetta, morta nel 2006, dalla quale ha avuto le due figlie Enrica e Donata. Dalla fine degli anni settanta Scalfari è sentimentalmente legato (anche da un matrimonio) a Serena Rossetti, già segretaria di redazione de L’Espresso e poi di Repubblica.

Uno dei suoi ultimi editoriali: “…credere che Dio, cioè un’entità suprema e unica, sia artefice della propria e dell’altrui esistenza…”

Una foto storica prima della lite tra Eugenio Scalfari e Carlo De Benedetti Foto Ansa)

L’anima, cioè quella parte di noi che sente dentro di sé la capacità di esistere, nel rapporto con la morte ha davanti un problema di difficile soluzione, che è quello di Dio. Una questione che può provocare sofferenza, può generare dilemmi, ma che non possiamo aggirare. Perché sono proprio questi due elementi – la morte, il rapporto con il divino – a costituire il limite della nostra umanità. Si tratta insomma di spunti di riflessione imprescindibili, profondamente studiati dai pensatori di ogni tempo. Un itinerario filosofico da cui è possibile approdare a diverse conclusioni. La prima è quella cartesiana del Cogito ergo sum, che abbraccia però anche l’idea di Dio. La seconda è considerare la vita come un elemento che accomuna tutte le creature viventi: persone, animali, piante. La terza è credere che Dio, cioè un’entità suprema e unica, sia artefice della propria e dell’altrui esistenza”.

Scrisse Scalfari: “Arrivati fin qui, non possiamo sottrarci a una riflessione su un concetto anch’esso di importanza estrema: l’esistenza di Dio. L’uomo esiste senza Dio? In teoria potremmo affermare di sì ma c’è un’ulteriore domanda da porci: l’uomo può esistere senza la propria coscienza? La risposta, in entrambi i casi, è negativa: senza Dio non si esiste. E nemmeno senza la propria coscienza, cioè senza se stessi. Abbiamo ipotizzato, dunque, sia l’esistenza di Dio che l’esistenza dell’uomo. E tuttavia questi due soggetti non hanno il medesimo valore: il mondo senza Dio è privo di qualunque possibilità; il mondo senza l’uomo può vivere lo stesso, così come può vivere con o senza animali, senza gli elementi fisici, geografici, climatici. Con l’assenza di questi elementi la vita è comunque possibile: senza Dio, invece, no”.

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Daniele Magliocchetti