E’ arrivata nella serata di venerdì 15 luglio la sentenza sul caso di Serena Mollicone. E la sentenza fa discutere.
E’ il giorno della sentenza per la morte di Serena Mollicone. Nella serata del 15 luglio la Corte d’Assise di Cassino a distanza di 21 anni si è pronunciata sull’intera famiglia Mottola e su due miliari dell’Arma.
Come riportato da Il Messaggero, il pubblico ministero ha chiesto 30 anni per Franco Mottola, considerato il regista del delitto, dei depistaggi e delle omissioni. Sono 24 gli anni chiesti per il figlio Marco e 21 per la moglie Anna Maria. L’ex lungotenente Quatrale rischia 15 anni per l’accusa di concorso morale dell’omicidio. Sono 4 gli anni richiesti per l’appuntato Suprano. A lui è contestato il reato di favoreggiamento. Stesso destino anche per gli altri imputati.
Alla fine, però, i giudici hanno deciso di non accettare le richieste avanzate dalla Procura. Sono stati assolti Franco Mottola, la famiglia Anna Maria e il figlio Marco. Alla lettura della sentenza dall’aula si è alzato il grido “Vergogna“.
La vicenda risale allo scorso 1 giugno 2001 quando Serena Mollicone sparì da Arce. Secondo una ricostruzione degli inquirenti, riportata da La Repubblica, la giovane si recò presso la caserma dell’Arma per recuperare dei libri che aveva lasciato nell’auto di Marco Mottola. Qui, sempre secondo gli investigatori, ci sarebbe stata una discussione con quest’ultimo, che le avrebbe fatto battere con violenza la testa contro la porta di un alloggio in disuso.
I Mottola, così, l’avrebbero portata in un boschetto e, essendosi accorti che era ancora via, l’avrebbero soffocata con un sacchetto di plastica. Da quel momento sarebbero iniziati tutti i depistaggi per far ricadere le colpite su altre persone. Ma la famiglia non è mai arresa e si è arrivati a questo processo con tutta la famiglia Mottola sul banco degli imputati e una richiesta di condanna di oltre 20 anni a testa.
Ma i giudici, come detto, hanno rigettato la richiesta e assolto i tre principali imputati. Una sentenza che ha portato ad alzarsi in Aula il grido “Vergogna“.