L’ipotesi di andare alle urne scatena il panico: “No, c’è la guerra, le bollette, l’inflazione”. Pressioni dall’estero: dagli Usa al Vaticano bis dell’ex banchiere
“Oddio, ci sono le elezioni. Le dimissioni di Mario Draghi hanno gettato nel panico le redazioni dei giornali italiani. Anzi, del mondo…”. Apre così il suo editoriale Maurizio Belpietro su La Verità. È bastato che il premier salisse al Colle per tenere fede – incredibile a dirsi – alla parola data, annunciando di aver deciso di fare le valigie, che il mondo dell’informazione si è fatto travolgere da una crisi di nervi. “Draghi si dimette“, ha titolato il quotidiano La Stampa, “l’Italia rischia il caos”, il commento di Marcello Sorgi dai toni drammatici, in cui si ipotizzava addirittura un esercizio provvisorio, cioè la mancata approvazione del bilancio dello Stato. Repubblica, già duramente colpita dalla scomparsa del suo fondatore “Shock Draghi”, con aggiunta di un reportage da Kiev di Gianni Riotta che dava testimonianza della preoccupazione ucraina per le dimissioni del nostro premier: ora che Draghi lascia, Zelensky si sente più solo e teme cedimenti ai russi.
Anche il Corriere non ha mancato di descrivere l’ora più buia: “Bruxelles in ansia per l’amico Mario“, quasi che il presidente del Consiglio rischi qualcosa di personale abbandonando la poltrona di Palazzo Chigi. E in sovrappiù, sulla stessa pagina del quotidiano di via Solferino, l’elenco di sciagure che si è portato dietro l’addio dell’ex governatore della Bce: “Lo spread risale a quota 228, Milano maglia nera, -3,44 %, Pil, l’Europa taglia le stime“.
Tutti hanno paura del voto, perfino dall’estero
Ma, come dicevo, la stampa estera non ha voluto essere da meno. Per rendersene conto, è sufficiente dare uno sguardo ai siti online delle più importanti testate internazionali. “L’Italia è precipitata nell’instabilità politica” è stato il commento del Financial Times. “Le dimissioni di Mario Draghi fanno precipitare il Paese nell’incertezza”, gli ha fatto eco Le Figaro. “La crisi di governo potrebbe mettere in pericolo l’intera eurozona“, si è spinto a pronosticare un funereo Die Welt. Insomma, una catastrofe o quasi. Se sui giornali, che sono lo specchio della politica, questi erano i toni, la politica, a cominciare da quella italiana, ha fatto anche di peggio. Dal Pd sono arrivate reazioni durissime.
L’aggettivo più in voga per definire la caduta del governo è stato irresponsabile, ma anche folle ha fatto la sua parte, lasciando intendere che chiunque pensi oggi a un ricorso alle urne necessiti di un trattamento sanitario obbligatorio. Tanto per fare qualche esempio, segnalo che, nonostante la pandemia, nell’ultimo anno e mezzo si è votato in Olanda, Germania, Norvegia e Repubblica Ceca, e in tre di questi Paesi i seggi sono stati aperti fra settembre e ottobre senza che nessuno parlasse di autunno della ragione. A gennaio si è votato in Portogallo e, seppure in presenza di una guerra, di sospendere il voto in Ungheria e in Francia non si è parlato. Tanto per essere chiari, a Parigi a giocarsi la partita delle presidenziali erano Emmanuel Macron e Marine Le Pen, ma non c’è stato un giornale che abbia considerato folle scegliere – in quel momento, cioè con le bombe russe sull’Ucraina – il presidente che avrebbe dovuto guidare la Francia. La realtà è che se nel 2011 fossimo andati a votare non avremmo avuto Mario Monti e lo stesso si può dire di Matteo Renzi, passato da Palazzo Chigi senza passare dal voto, o di Paolo Gentiloni. Nell’ultima legislatura, per l’idiosincrasia di Sergio Mattarella nei confronti delle elezioni, abbiamo avuto un Conte bis e poi Draghi. In altre parole, forse era meglio andare a votare e lasciare che la scelta del governo fosse del popolo sovrano e non di un sovrano senza popolo.