Milena Vukotic parla della sua lunga carriera: “Girare Fantozzi fu bellissimo, ma Paolo Villaggio impose il suo tassativo diktat”

A 87 anni Milena Vukotic si racconta, ripercorrendo le altisonanti tappe della sua carriera nel cinema (e non solo).

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Approfondendo la scintillante carriera di Milena Vukotic si finisce inevitabilmente a ribadire quanto abbia significato la saga di Fantozzi per l’immaginario popolare della penisola. L’attrice romana infatti ha partecipato a decine di pellicole, collaborando con svariati grandi autori del dopoguerra europeo: da Monicelli a Dino Risi, passando per Ettore Scola, fino ad arrivare ai leggendari Federico Fellini e Luis Buñuel. Ciò nonostante quando viene nominata, la Vokotic può rimandare soltanto a quella timida e discreta “Signora Pina”- moglie del ragionier Fantozzi – che fece da satirico modello della moglie italiana del secondo novecento italiano. Alla veneranda età di 87 anni la Vukotic si è raccontata al Giornale, descrivendo l’affascinante genesi creativa del servizio fotografico fatto per la rivista Playboy, che rappresentò un importante tassello del suo percorso artistico: “Conoscevo abbastanza bene Angelo Frontoni, fotografo di attrici molto avvenenti. Al contrario, io avevo sempre recitato personaggi dimessi o caratterizzati in negativo. Così un giorno mi disse: Non è giusto. Ci stai a fare qualche foto con me… Vorrei esaltare quello che c’è di positivo in te.”, da qui la proposta di Frontoni a PlayBoy per la pubblicazione del servizio, per il quale la Vokotic si assicurò una doverosa premessa: “Ho chiesto che tutto avesse un senso e non fosse fine a se stesso”. Seguì persino la richiesta della Vukotic per una partecipazione di Alessandro Blasetti – celebre intellettuale e regista – alla componente testuale sotto le foto. “Chiesi che si rivolgessero a lui [Blasetti] per sapere se se la sentiva di scrivere qualcosa sulla bellezza o la bruttezza della donna. E lui accettò”.

Paolo Villaggio (a sinistra) e Milena Vukotic (a destra)

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La conversazione è poi immancabilmente scivolata sulla storica esperienza maturata accanto a Paolo Villaggio: “Abbiamo girato una decina di film insieme. È stato un bellissimo incontro ma, sul set, c’era il tassativo e didattico diktat di Paolo. Ricordiamoci che siamo soltanto maschere E io, quella maschera, non l’avevo mai indossata. Ci insegnò a essere cartoni animati, senza velleità di bellezza, imparando a ridere di noi stessi osservando da vicino le persone qualunque. Eravamo amici al di là di Fantozzi. Un giorno che sono andata a casa sua, è venuta ad aprirmi la colf e, rivolta a Maura, mi ha annunciata tutta trafelata. Signora – ha detto – è arrivata la moglie di suo marito. Naturalmente, siamo scoppiati a ridere”. Per avere prova della sbalorditiva popolarità del mito Fantozzi, basti pensare che spesso viene dimenticata la partecipazione della Vukotic ad una delle trilogie più importanti della storia del cinema, che sancì Luis Bunuel come il maestro del surrealismo: Il fascino discreto della borghesia (1972), Il fantasma della libertà (1974) e Quell’oscuro oggetto del desiderio (1977).

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