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Scontro in maggioranza su Draghi alle camere: accordo Casellati-Fico

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Paolo Colantoni

Italia Viva e Pd volevano che il Premier riferisse prima a Montecitorio. Caos 5 Stelle: Crippa sotto accusa

Altra giornata molto calda sul fronte Governo. Tra trattative, ipotesi, smentite e dichiarazioni al veleno. Si parte con una certezza: mercoledì sarà un giorno decisivo per il futuro di Draghi. Il Premier parlerà alle Camere, nel tentativo di capire se esistono o meno i presupposti per continuare la legislatura.

Draghi parlerà alle Camere. Ma dove? Italia Viva e Pd (i più forti sostenitori del Premier) avevano chiesto che partisse da Montecitorio. Il motivo è semplice: alla Camera l’esecutivo potrebbe avere numeri maggiori con la possibilità concreta che il Movimento 5 stelle si spacchi ulteriormente, con una frattura che potrebbe contare dai venti ai cinquanta deputati che potrebbero non seguire la linea di Conte. La tattica studiata da Letta e Renzi, sembra però fallita. Mario Draghi, renderà le sue comunicazioni mercoledì prima in Senato e poi alla Camera. È quanto hanno concordato i presidenti Roberto Fico e Elisabetta Alberti Casellati, dopo la richiesta di PD e Italia Viva di procedere prima a Montecitorio.

Renzi: “Conta quello che pensa Draghi”

Vedo la stampa italiana inseguire la riunione dei 5 stelle, l’assemblea… Secondo me conta solo ciò che pensa Draghi”. Lo ha detto il leader di Italia Viva Matteo Renzi, intervistato a Roma dalla Stampa estera. “La reputazione di Mario Draghi, la sua credibilità, hanno salvato l’euro. Lui ha nella sua reputazione l’asset più forte della sua persona. Per questo credo che abbia fatto bene dopo il voto in Parlamento a dimettersi, non aveva alternativa, non poteva far finta di niente, fischiettare… Ma allo stesso modo, per motivi legati alla sua reputazione, non credo possa lasciare il Paese a metà del guado“, ha aggiunto Renzi.

5 Stelle, Crippa criticato

A proposito di 5 Stelle. All’interno del Movimento i nervi restano tesi. Il capogruppo del M5s alla Camera, Davide Crippa, aveva appoggiato la richiesta di Iv e Pd di far tenere al premier Mario Draghi le sue comunicazioni, mercoledì, prima alla Camera e dopo al Senato perché il provvedimento che ha dato il via alla crisi, cioè il Dl Aiuti “non votato dal M5s”, è stato approvato prima alla Camera. Una decisione che aveva scatenato la reazione all’interno dei grillini.

Rampelli: “1300 sindaci su 7904, minoranza rumorosa”

ANSA/Riccardo Antimiani

“La minoranza rumorosa di 1300 sindaci ha firmato affinché Draghi resti. Giorgia Meloni ha già espresso la propria indignazione per la rinuncia con questo atto a rappresentare anche quella metà di persone che vorrebbero andare al voto. Tuttavia va evidenziato che altri 6400, la maggioranza silenziosa, non vogliono che Draghi resti o comunque più istituzionalmente non hanno voluto utilizzare il loro ruolo con finalità di parte, non firmando. Se questo è il senso della democrazia, il Pd conferma che nella sua logica è sempre la minoranza a decidere. Non vogliono disabituarsi a governare senza aver vinto le elezioni”. E’ quanto scrive il vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli di Fratelli d’Italia sulla sua bacheca Facebook.

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Paolo Colantoni