Il direttore dello Spallanzani chiede investimenti per ammodernare le aule. Ma, per colpa della politica, è tardi
Nelle aule scolastiche, “la ventilazione meccanica controllata (Vmc) è un requisito indispensabile per la sicurezza degli studenti”. Francesco Vaia, direttore dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, lo va ripetendo da due anni: “Questi impianti hanno un’efficacia tre volte superiore alle mascherine nel proteggere dal contagio da Sars-CoV-2“. Mesi fa, dall’Inmi era partito un appello: “Auspichiamo che il governo predisponga un “Piano Marshall” triennale per la messa a norma e l’adeguamento degli edifici scolastici“. Ieri, nell’ennesimo invito a non perdere altro tempo, il professore ha detto: “Dimostriamo ancora una volta di essere un grande Paese, destiniamo una parte del Pil per una grande campagna d’autunno che ci consegni la ventilazione meccanica nelle scuole e liberi i bambini dalle mascherine“.
Resterà inascoltato, come ha scritto pochi giorni fa La Verità. Nella bozza delle linee guida fornite al Miur, il ministro della Salute Roberto Speranza ha fatto mettere che “l’utilizzo dei purificatori d’aria/sanificatori/igienizzatori non può sostituire i ricambi dell’aria esterna/ventilazione, l’uso della mascherina, il distanziamento fisico e le altre misure di barriera“. Il messaggio da lungotevere Ripa è chiarissimo: non imputateci ritardi, tanto i dispositivi di protezione facciale resteranno.
Dopo aver perso quasi quattro mesi per definire le specifiche tecniche degli impianti, e scaricando sui dirigenti scolastici l’ennesima incombenza, ovvero la verifica delle condizioni di quelli esistenti, Speranza pensa di cavarsela mantenendo comunque l’obbligo dei bavagli. Malgrado le evidenze scientifiche sull’importanza della ventilazione meccanica controllata e nonostante uno studio, condotto per la Regione Marche in collaborazione con la Fondazione Hume presieduta da Luca Ricolfi, abbia dimostrato che “per il rischio di trasmissione la Vmc ha una capacità di “contenere” il virus almeno doppia rispetto a quella del vaccino“.
Per il direttore dello Spallanzani è “ora di dire basta ai bambini con la mascherina, uno spettacolo che non vogliamo più vedere”, invece per il ministro della Salute “è una valutazione che potremo fare solo quando avremo più chiaro il quadro epidemiologico“. Si vive alla giornata, senza programmazione. Eppure la riapertura delle scuole è a settembre, impensabile proseguire con il protocollo “finestre aperte” e bavaglio in classe cercando di contenere in questo modo varianti e nuovi contagi. “Toglieremo le mascherine quando riterremo che il nostro vicino sarà al sicuro“, è l’indefinita promessa del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, convinto che la mascherina non sia “un’imposizione, ma un atto di rispetto reciproco“. Draghi, nel suo discorso al Parlamento non ha riservato nemmeno due parole alle problematiche della scuola. Nessun cenno agli investimenti urgenti, alle migliorie necessarie per non tornare a settembre in aule troppo affollate, con l’incubo del distanziamento, delle mascherine che tolgono ossigeno e concentrazione agli studenti.