A sinistra e non solo per anni hanno fatto finta di non rispondere alle offese sull’altezza del ministro o alle accuse volgari alla deputata
Ora Brunetta e Carfagna vengono difesi. Ma prima? Cosa avevano? Mentre – visibilmente commosso, davanti alle telecamere a Mezz’ ora in più dell’Annunziata – raccontava delle ataviche accuse subite di “nanismo” culminate negli attacchi terribili alla sua statura da parte dell’assai inelegante fidanzatina di Silvio Berlusconi. La quale fidanzatina ha, tra l’altro, scomodato, distorcendola, una frase de Il giudice di De André (e questo è imperdonabile). “Da una vita violentato per la mia bassezza“, il ministro ha subìto, indubitabilmente, la più volgare delle vigliaccate. Dal sorriso spezzato dell’uomo che ride di Victor Hugo alla gobba di Andreotti, dalla calvizie di Alfano alla vitiligine di Cossiga: il difetto fisico, il body shaming, è la forma più ignobile d’aggressione.
E Brunetta è stato sommerso dagli attestati di solidarietà che sono fioccati nelle ultime 48 ore soprattutto da sinistra. L’offesa sul presunto difetto fisico, dal lato della tempistica, è scattata – guarda caso- nel momento in cui Brunetta, fedele alla linea Draghi, ha abbandonato la famiglia storica di Forza Italia. Tutto ok, tutto sacrosanto. Se non fosse che la memoria dei cronisti a volte incoccia in un passato spiazzante. Per ben ventotto anni Brunetta è stato offeso, vilipeso, verbalmente violentato appunto. A causa della statura, e proprio da quella sinistra che ora vibra di sdegno. Lo avevano chiamato “nano“, “spanna montata“, “energumeno tascabile” (copyright D’Alema). Fiorello lo sfotteva amabilmente, Crozza lo raffigurava piccino piccino dotato di paracadute per scendere dalla sedia.
Fino a quando erano di destra tutto era lecito, adesso viene difeso: che tristezza
Ma Brunetta, che allora era antipatico (un po’ lo era davvero) ed era di destra, be’, poteva tranquillamente subire gli strali di una legittima goliardia. Beninteso. Gli insulti che all’improvviso escono dal radar dello sdegno, sono il frutto di un moralismo a gettone che non riguarda solo Brunetta. È accaduto a Giuliano Ferrara, e a Giovanni Toti, offesi per la loro corpulenza. Lo stesso Berlusconi, che ora tace sullo scivolone della sua Marta Fascina, subì attacchi sul proprio fisico da rabbrividire. Grillo lo chiamava “psiconano” o “testa di catrame“, Marco Travaglio “Al Tappone” (fantasiosa, quantomeno), i colleghi del Fatto Quotidiano “Cavalier Pompetta“, in onore della protesi alla prostata manovrata, nei rapporti sessuali (dicevano) con maestria meccanica.
Prendete l’altra splendida dissidente berlusconiana, Mara Carfagna. La ministra, anche in virtù di un riconosciuto attivismo politico, oggi per il Pd possiede quasi l’allure di una Nilde Iotti dall’altra parte della barricata. Eppure. Eppure proprio di lei Sabina Guzzanti disse, in pubblica piazza: “Tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che sta là perché ti ha succhiato l’uccelllo“». La comica fu condannata a un risarcimento di 40mila euro, ma sul piano dell’immagine la cosa a sinistra finì nell’oblio. Sempre la Carfagna si beccò un “la signora ha usato il suo corpo per arrivare dove è arrivata” da Carla Corso, rappresentante delle lucciole, quando firmò un ddl che inaspriva le pene contro la prostituzione; e lì il Napolitano presidente si girò, ovviamente, dall’altra parte. Però, allora, nessuno parlamentare o intellettuale, a sinistra s’ indignò pubblicamente. Nessuna femminista evocò la condanna al sessismo più sfrenato. Per non dire di Giorgia Meloni. Maria Luisa Angese scrisse su Sette della presidente di Fratelli d’Italia che “con quella faccia da ET sarebbe indicata per scrivere una fenomenologia dei buchi neri“. Alla faccia della solidarietà femminile. Resta uno strano fenomeno quest’ indignazione ad intermittenza