Omicidio di Chiara Gualzetti, direttamente dal carcere arriva il “selfie” del killer che fa ribollire il sangue al padre della vittima che non può davvero crederci a quello che ha visto
Un dolore che non passerà mai e che si porterà, per sempre, fino all’ultimo giorno di vita. Se la vittima è la figlia allora il dolore sarà sempre doppio. Quello che sta passando il padre di Chiara Gualzetti, brutalmente uccisa lo scorso anno da un suo coetaneo. Nelle ultime ore, a farlo infuriare, è una foto. Un “selfie” che arriva direttamente dal carcere. A cura di chi? Proprio da chi ha ucciso sua figlia. Troppo per il padre che, nella serata di domenica, ha voluto denunciare il post su Instagram che lo hanno indignato.
Ci mancherebbe altro. Allontanando, solamente per un attimo, l’autoscatto il padre ci tiene a ribadire e soprattutto allontanare le voci di chi diceva che Chiara era una persona depressa. No, questo non ci sta. Afferma che era piena di vita e che aveva voglia di vivere e fare nuove esperienze. Da quella tragedia, avvenuta su una collina di Monteveglio, la vita del papà non è più la stessa. Non potrebbe essere altrimenti.
Questa la foto che ha fatto infuriare il padre di Chiara. Un detenuto, dal carcere minorile di Pratello (in provincia di Bologna) prima ha risposto a un commento, sotto a una vecchia foto nel profilo dell’oggi 17enne che ha confessato l’omicidio della giovane. Non è finita qui visto che lo stesso ha pubblicato una serie di video con tanto di selfie con altri ragazzi che si trovano nella prigione romagnola.
Come potete ben notare il ragazzino nella foto posa con le dita indicando la letta “V”. Vale a dire “vittoria”. Di cosa si stanno domandando tutti? Anche lo stesso Vincenzo che stenta a crederci. Ha subito riconosciuto il giovane che parlerà al giudice nell’udienza del rito abbreviato e che sarebbe compagno di cella dell’altro giovane. Queste le parole del padre: “A questo ragazzo dico solo come si fa a manifestare apprezzamento per chi ha compiuto un gesto del genere. Spero che vengano presi i giusti provvedimenti e che la sua detenzione serva a farlo ravvedere, a fargli realizzare che la vita non è quella della sua risposta“.