Le parole dell’ex segretario di Rifondazione Comunista sul premier dimissionario non lasciano spazio a dubbi: la politica è in mano a un élite tecnocratica che ha in pugno gli Stati, contro cui possono combattere solo i veri ideali. Ma c’è una persona, per Bertinotti, in cui è possibile avere fiducia se si vuole cercare davvero una via d’uscita.
“Con questo ultimo atto in Parlamento la politica è definitivamente finita, morta. In realtà ci sono stati, in questi ultimi anni, molti evidenti ed importanti segnali ma con oggi abbiamo chiuso definitivamente la stagione del primato della politica”. Le parole rilasciate da Fausto Bertinotti, ormai storico segretario del partito della Rifondazione Comunista, presidente della Camera dal 2006 al 2008, rilasciate al quotidiano Libero sono destinate a fare discutere.
Da sempre infatti la figura di Bertinotti unisce il movimentismo tipico di alcune espressioni del comunismo e del socialismo italiano a un pacifico radicale non-violento, tanto da essersi avvicinato negli ultimi anni, se non altro avviando un dialogo talvolta proficuo, grazie anche alla figura di Papa Francesco, con il mondo cattolico.
La sua opinione sul premier dimissionario però è ben poco “pacifista”, per quanto riguarda la schiettezza e la decisione per quanto riguarda la critica espresso nei confronti dell’ex presidente della Bce e al suo operato di capo dell’esecutivo italiano. “Basta ripercorrere analiticamente questa ultima legislatura”, spiega Bertinotti a Libero, partendo dal fatto che “in questi ultimi quattro anni e mezzo abbiamo avuto dei governi, chiamiamoli, acrobatici e trasformisti”.
Per Bertinotti, il governo Draghi ha caratterizzato “una ulteriore centralizzazione del potere sul capo del governo” rispetto a quelle già avute nei governi precedenti, il primo e il secondo governo Conte. “Tutte e tre le esperienze di questa ultima legislatura hanno sempre cercato una personalità esterna alla politica che potesse fare sintesi e superare la crisi. È la perenne ricerca del Papa straniero che mette ordine”, commenta Bertinotti.
Che ha avuto il suo culmine con la lotta alla pandemia. “Una politica debole ha messo nelle mani di una oligarchia di medici e scienziati ogni tipo di scelta nella incapacità di avere una visione ed utilizzare i tecnici come strumento e non come fine“. E “tutto questo ha generato la definitiva uscita di scena del ruolo del Parlamento”, è la chiosa finale. Il punto è che la politica, per Bertinotti, avrebbe così regalato “ad una oligarchia pre-esistente, carta bianca per risolvere i temi sociali del paese”. E “Mario Draghi ha rappresentato perfettamente tutto questo: chi è tecnico è indiscutibile e la stabilità viene dettata da governi tecnici ed oligarchici”.
Le stesse bordate sono riservate all’attuale contesto internazionale in crisi, e al ruolo che l’Europa oggi ha assunto di fronte alla guerra in Ucraina. Un ruolo, per Bertinotti, che sperava di vedere “un’Europa capace di mediare” tra “tra gli Stati Uniti e quella che viene chiamata EurAsia”, assolutamente sbagliato. “Mi deve spiegare in quale manuale c’è l’idea di armare una parte del conflitto per cercare di portare la pace“, conclude l’ex onorevole. “Dire ‘la guerra può finire solo se si mandano armi’ è un ossimoro, è privo di senso. Anche in questo caso noi stiamo vivendo un contrasto tra ciò che una oligarchia sceglie a ciò che il popolo vorrebbe”.
Ma c’è una forza, a livello internazionale e transnazionale, che secondo il parere di Bertinotti oggi potrebbe essere in grado di rappresentare un punto di riferimento per la nostra società. “L’unica forza oggi esistente e transnazionale è la Chiesa di Papa Francesco”.