Dopo l’accordo annunciato dal centrodestra sul candidato premier, che verrà scelto dal partito che incasserà più voti alle elezioni, comincia il cammino della coalizione verso il voto del 25 settembre.
Lo spiega il quotidiano Libero con un articolo a firma di Pietro Senaldi, in cui si afferma che nonostante il vertice non iniziasse sotto i migliori auspici, il risultato garantisce invece uno sbocco ottimale per tutte tre le forze politiche che compongono la coalizione di centro-destra. Vale a dire Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni in primis, poi la Lega di Matteo Salvini e infine Forza Italia di Silvio Berlusconi, o quel che ne resta dopo le diverse fuoriuscite di queste ore.
La richiesta iniziale di Giorgia Meloni consisteva nel 50% dei seggi e di una chiara indicazione di chi sarà il premier della coalizione. In un primo momento, sembrava venissero considerate pretese eccessive. Poi però, accortisi di rischiare di entrare in un vicolo cieco nonostante la maggioranza schiacciante dei consensi secondo quanto emerge dai sondaggi, le altre due forze politiche compagne di Meloni hanno deciso di mettere da parte le proprie velleità e accordare le richieste della leader.
Per questo “il vertice di metà pomeriggio è finito meglio di come era incominciato”, scrive Senaldi, riferendosi in maniera principale all’accordo sui criteri per individuare il candidato premier della coalizione, che dovrà comunque essere sottoposto al vaglio del Presidente della Repubblica Mattarella.
“Hanno prevalso la ragione e il calcolo, in politica è giusto così”, commenta Senaldi, aggiungendo che “l’occasione è troppo ghiotta per gettarla alle ortiche sia per la coalizione, che potrebbe tornare a guidare il Paese dopo undici anni, sia per la Meloni, destinata a prendere più consensi di tutti, e con i ritmi ai quali si bruciano i leader di questi tempi non è detto che la congiuntura astrale si ripeta”.
Ora però per Meloni si presenta la sfida di guidare non solamente i suoi, ma anche gli altri, ovvero di mettersi alla testa di una coalizione e di tenere il ruolo di federatore che per tanti anni è stato appannaggio di Berlusconi. Quella cioè che per Senaldi rappresenta “la sfida più difficile”.