Pensioni, chi può lasciare il lavoro a partire dal 1° gennaio del prossimo anno? Tutto quello che dovresti sapere in merito a questa vicenda e non solo.
Negli ultimi giorni si sta parlando di un argomento molto importante e che interessa particolarmente milioni di persone che attendono con ansia possibili novità in merito alla vicenda pensioni.
In realtà, come riportato in precedenza, se ne sta solamente parlando ma di concreto ancora nulla. Tanto è vero che il governo-sindacati è fermo da oltre quattro mesi e dal 2023, con lo stop a Quota 102, potrebbe tornare la legge Fornero in versione integrale. Una soluzione che agli stessi sindacati non piace, tanto da spingere per arrivare a ‘Quota 41’. Per chi non lo sapesse si tratta del raggiungimento del quarantunesimo anno di contribuzione, o con 62 o 63 anni di età.
Anche se pare molto più semplice intraprendere la strada che porta al piano “in due tempi” di Tridico. La pensione di vecchiaia (ovvero la vecchia Legge Fornero) prevede il ritiro dal lavoro a 67 anni e un’anzianità contributiva minima di anni 20. Una ipotesi che non piace particolarmente. Quella che piace a tutti, invece, è la ‘Quota 41‘ per tutti: pensione con 41 anni di contributi a qualsiasi età. Anche se le casse dello Stato non sono convinti di ciò. A partire dal 2035 le pensioni saranno calcolate esclusivamente con il sistema contributivo.
Per Pasquale Tridico è possibile applicare ciò: possibilità per i lavoratori di andare in pensione da 63/64 anni di età prendendo fino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia, cioè 67 anni, solo il rateo della pensione calcolata con il contributivo. Una volta compiuti i 67 anni si prenderebbe anche l’altra parte calcolata con il retributivo. In merito a questo l’ultima parola spetta proprio alla politica. A quanto pare è la soluzione più fattibile rispetto a ‘Quota 41’ per molti motivi: avrebbe un costo di poco superiore ai 400 milioni il primo anno, e consentirebbe l’anticipo a 63-64 anni della sola quota contributiva per poi recuperare la fetta retributiva al raggiungimento della soglia di vecchiaia.
Una prima parte delle pensioni sarebbe subito liquidata, una volta raggiunti i 63-64 anni, ma a valere solo sui versamenti effettuati nel sistema contributivo. Cioè quelli maturati dal 1996 in poi. Una buona notizia anche per lo Stato che andrebbe a risparmiare il 70%. Le esperienze di flessibilizzazione nelle modalità di pensionamento introdotte con quota 100, quota 102 e Opzione Donna non sono state fruite in modo uniforme dai potenziali beneficiari.
Tridico ha concluso dicendo: “Rimane quindi la necessità di poter offrire maggiore libertà di scelta ai cittadini sul momento in cui vogliono andare in pensione. Con il venir meno di quota 102 dal 1 gennaio 2023 per la generalità dei lavoratori appartenenti al sistema ex-retributivo o misto la possibilità di uscita è di fatto limitata ai requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia o anticipata. L’istituto ha stimato i costi di tre proposte alternative che hanno attraversato il dibattito politico, con valori differenti nel triennio 2023-25“.
Le tre ipotesi sono: quella che si poggia sul ricalcolo contributivo della pensione nel caso di uscite con 64 anni di età e almeno 35 anni di versamenti e avendo maturato un trattamento pari ad almeno 2,2 volte l’assegno sociale. Il tutto costerebbe intorno ai 900 milioni per il primo anno.
Seconda ipotesi: penalizzazione del 3% della parte retributiva dell’assegno per ogni anno di anticipo prima della soglia di vecchiaia sempre con un pensionamento in formato “64+35”. Un miliardo nel 2023 e con un picco di oltre 5 miliardi nel 2029. Terza ed ultima opzione: rappresentata dalla proposta Tridico, che prevede l’anticipo alla maturazione di 63 anni d’età e 20 di contribuzione della quota contributiva dell’assegno per un costo di circa 500 milioni il primo anno e 2,5 miliardi nel 2029.