La massima autorità dei servizi segreti italiani smentisce le ricostruzioni di Corriere e de La Stampa: le intercettazioni avevano chiarito il ruolo di Capuano
Il primo quotidiano italiano a pubblicare l’immagine un po’ slavata, accesa solo da una camicia rosa, di Oleg Kostyukov è stato, lo scorso 10 giugno, La Verità. Sino a quel giorno per le testate del Belpaese quel giovane funzionario dell’ambasciata russa di Roma era una specie di fantasma. Noi svelammo che aveva pagato con la propria carta di credito i biglietti aerei per il viaggio a Mosca di Matteo Salvini e del suo seguito. La sua storia infiammò i media per poche ore. Poi il diplomatico ritornò nell’oblio. Sino all’inizio della campagna elettorale, quando, improvvisamente, la sua vicenda è tornata ad appassionare i cronisti. Al punto che c’è chi è persino andato a rispolverare una vecchia segnalazione di operazione sospetta (una archeo-sos) del 2014 che non aveva dato esiti. Il motivo dell’allarme? Kostyukov avrebbe “movimentato” 125.000 dollari in contanti nei giorni in cui Vladimir Putin incontrava a Milano Salvini, segretario del Carroccio da meno di un anno, a margine della convention sull’Eurasia.
Perché tanto cash? Magari la delegazione russa aveva deciso di fare spese personali in contanti o di svagarsi con attività che è meglio non far tracciare dalle carte di credito. Sembra di rivivere il cancan dell‘hotel Metropol, uno scoop che dopo aver fatto il giro del mondo è tristemente finito, dal punto di vista giudiziario, su un binario morto. Forse non è un caso che gli articoli sulla vecchia-nuova sos e sul caso Metropol portino la firma dello stesso giornalista. Salvini dovrà abituarsi: questa campagna elettorale andrà così. Persino il sottosegretario con delega all’intelligence Franco Gabrielli venerdì sera ha dato segni di insofferenza. Ha ricordato le famose liste di proscrizione pubblicate dal Corriere della sera che le aveva attribuite ai bollettini informativi sui rapporti tra cittadini italiani e le autorità russe realizzati dall’intelligence grazie a fonti aperte. Gabrielli ha ricordato che per smentire la riconducibilità del contenuto dell’articolo agli 007 declassificò l’ultimo bollettino.
Gabrielli la chiude usando il romanesco: “Ma de che stamo a parlà…?”
L’ex capo della Polizia si è fatto beffe anche del presunto scoop della Stampa che ha ricicciato una nostra esclusiva, ovvero la notizia che Kostyukov avrebbe chiesto ad Antonio Capuano, ex consigliere per i rapporti internazionali di Salvini, se i ministri della Lega fossero pronti a lasciare l’esecutivo dopo le polemiche per il tour moscovita (alla fine abortito) di Salvini. Secondo il quotidiano torinese era la prova che il Cremlino fosse dietro alla caduta di Mario Draghi e per sostenere la propria fantasiosa tesi ha citato “documenti informali di sintesi del lavoro di intelligence“. Gabrielli ha ironizzato usando l’idioma romanesco: “Ma de che stiamo a parla’?”. Ma poi si è fatto serio e ha detto una cosa importante quanto grave: “Per quello che è a conoscenza dei servizi italiani non ci sono state attività volte a favorire la caduta del governo Draghi in queste interlocuzioni e questa è forse la cosa che dovrebbe interessare di più invece di andare alla ricerca di tutta una serie di situazioni che“.
Dunque non esistono evidenze che Capuano e Kostyukov abbiano complottato per far cadere il gabinetto dell’ex presidente della Bce. Ma ai giornalisti non basterà neppure questa smentita. L’unico obiettivo è cercare situazioni opache e in mancanza, costruirne, come in questo caso. Gabrielli ha consigliato ai cronisti, invece di fare dietrologia e crogiolarsi in complotti inesistenti, di utilizzare le interviste di questo periodo per togliersi i dubbi: “Se il tema è far chiarire al senatore Salvini quali siano le sue posizioni nei confronti della Federazione russa, non serve evocare cose di questo genere. È una complicazione che rischia anche di spostare il problema. Siamo in campagna elettorale e quella è la sede in cui ognuno esporrà le sue posizioni“.