Alternativa usa come scusa la candidata di Casa Pound e rompe con Paragone. Così dimostra di scimmiottare la sinistra
Sembra che la paranoia sia sempre la stessa, a ogni livello. La posizione delle forze di sinistra è uguale ogni volta: o si fa come decidono loro, oppure scatta l’allarme fascismo. Nei giorni scorsi abbiamo assistito alla triste cagnara montata dal Partito democratico dopo la caduta del governo Draghi. Di fronte al sano e fisiologico moto della democrazia (un esecutivo si sfascia, dunque si torna a votare) immediatamente è iniziato il delirio sulle presunte forze oscure della reazione in agguato. Il centrodestra e Giorgia Meloni sono stati dipinti come pericolosi nostalgici pronti a creare un nuovo e temibile regime. Repubblica per giorni ha insistito a pubblicare articoli terroristici sui presunti legami di Fratelli d’Italia con chissà quali ali estreme della destra più nera. Ebbene, ora assistiamo a una polemica analoga, ugualmente triste, ma utile a smontare un po’ di ipocrisie in varie direzioni.
Nei mesi scorsi si è assistito a una notevole mobilitazione per la creazione di una sorta di chimera chiamata “fronte unico del dissenso“. Vari movimenti che, delusi dai partiti tradizionali, negli ultimi due anni hanno animato le piazze e hanno creato iniziative importanti contro il green pass e le imposizioni della Cattedrale sanitaria hanno cercato di darsi uno sbocco politico più diretto. In molti hanno auspicato la nascita di un movimento che comprendesse sotto un unico ombrello tutte le realtà, ma come era fin dall’inizio prevedibile, ciò non è avvenuto. E il motivo è molto facile a dirsi: alla fine ha prevalso la politica nel senso deteriore del termine.
Tante erano le personalità motivate e oneste, pronte a spendersi per la causa. Ma altrettanti erano i furbetti in cerca di visibilità, ansiosi di capitalizzare l’opposizione di strada. Così, alla fine, solo pochissimi movimenti e partiti strutturati sono usciti integri dal ribollente calderone “dissenziente“. Il più visibile di questi è probabilmente Italexit di Gianluigi Paragone, che da subito si è schierato in netta opposizione alle politiche autoritarie messe in atto dai governi Conte e Draghi sul piano sanitario. Come noto, a questo come ad altri movimenti di recente creazione è stato gettato un bel macigno sulle spalle: la raccolta firme necessaria alla presentazione delle liste. Basta studiare anche solo superficialmente la questione per comprendere che si tratta di una misura decisamente antidemocratica.
A prescindere da ciò che di essi si pensi, perché questi partiti devono avere vita difficile e non possono almeno provare a giocarsela serenamente in sede elettorale? Mistero (nemmeno troppo buffo). Per aggirare lo scoglio, Italexit ha tentato un appartamento con il movimento Alternativa di Pino Cabras e Francesco Forciniti, arrivati a suo tempo in Parlamento con il Movimento 5 stelle. Sulle prime sembrava che l’unione fosse fatta, ma ecco che, negli ultimi giorni, ha ripreso a manifestarsi l’antica psicosi sinistra. Alternativa non ha trovato un accordo con Italexit sui nomi delle persone da inserire in lista. Chissà, magari pretendeva garanzie o qualche posto più sicuro, fatto sta che ha mollato il colpo e, con stile degno del Pd, ha pensato bene di buttarla sul fascismo. “Purtroppo, abbiamo dovuto prendere atto che l’unico interesse di Alternativa era di ottenere posizioni in lista e di usare Italexit come un taxi per il Parlamento“.