Gabriel Omar Batistuta non ha assolutamente bisogno di alcun tipo di presentazione visto che, ancora adesso, è considerato uno degli attaccanti più forti che abbia giocato nella nostra Serie A e non solo
Alcuni anni fa, precisamente nel 2017, ha parlato dei suoi trascorsi di quando approdò alla Roma di Fabio Capello dove vinse uno scudetto storico con i giallorossi e diventando un vero e proprio idolo della tifoseria capitolina. Poi ha voluto rispondere a qualche domanda che, da tempo, si erano posti proprio i tifosi giallorossi.
Ovvero: in che modo lo hanno convinto a sposare il progetto da parte del club di Franco Sensi? L’argentino non ha assolutamente peli sulla lingua ed ha rivelato che i dirigenti, pur di averlo, avrebbero fatto davvero di tutto. Anche assegnarli due cose importanti come la fascia di capitano e la maglia numero 9. Anche se il nativo di Santa Fe non andava dietro a queste cose e la pensava diversamente.
Batistuta e l’aneddoto sulla maglia numero 9 [VIDEO]
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Queste sono alcune delle sue parole in merito: “La storia è questa. Io ero un idolo della Fiorentina e mai pensavo di dover andare via. Andai alla Roma, mi convinsero. Tra le tante cose che mi dissero per convincermi erano che mi avrebbero dato la fascia di capitano e la maglia numero 9“.
Anche se, come riportato in precedenza, non gli interessava granché: “No, la fascia no. Non voglio essere capitano di una squadra che non conosco. Non posso andare lì e presentarmi come capitano a dei tifosi. Anche perché lì era Totti il capitano. In questo spogliatoio c’erano Cafu, Aldair, Montella, Emerson, Candela, Panucci, ecc.. Parlavamo poco. La verità è che avevano creato un gruppo impressionante di gente che aveva vinto tanto. L’unico che non aveva ancora vinto niente ero io. Non mi pareva giusto andare lì ed essere capitano“.
Poi la chicca sul numero di maglia: “Non mi sembrava bello andare lì e pretendere la 9. Così la maglia che mi diedero è stata la 18. La verità è che non mi importava io volevo vincere. Andai via dalla Fiorentina per vincere il campionato. Era il mio unico obiettivo. Tutto il resto era banalità dal mio punto di vista per conseguire quello che realmente volevo”.