Giorgia Meloni annuncia di essere pronta alla battaglia per il presidenzialismo e accusa il Pd: “Incoerenti”. Sulla fiamma nel simbolo: “Rispetto per la Segre ma…”
Presidenzialismo, programmi, cariche e simbolo. In una intervista al Corriere della Sera, Giorgia Meloni ha affrontato diversi temi caldi a 40 giorni dalle elezioni.
“Si parla finalmente di un tema concreto”, ha risposto in merito al presidenzialismo. “Ci batteremo per questo, perché serve a rendere autorevole, stabile e più competitivo il paese. Il Pd lo considera un pericolo per la democrazia, ma così gli italiani sceglieranno”. La Meloni risponde anche a chi ha accusato Berlusconi di lanciare attacchi diretti a Mattarella. Il leader di Forza Italia ha dichiarato che a riforma approvata il capo dello Stato dovrebbe dimettersi, ma la Meloni chiarisce la posizione del centrodestra. “Credo sia stata fatta una polemica sul nulla. Non c’è nessuna dichiarazione di ostilità nei confronti di Mattarella. Il dubbio su cosa può accadere dopo l’approvazione di una riforma può starci, ma pensiamo che sia logico e naturale che una riforma di tale portata, che cambia l’assetto dei poteri, entri in vigore non a governo in carica ma nella legislatura successiva.
Cariche e una risposta alla Segre: Giorgia Meloni chiarisce molti aspetti
“Noi proponiamo il presidenzialismo da sempre”, ha chiarito la leader di Fdi. A chi ipotizza una spartizione di cariche con la premiership alla Meloni, gli Interni a Salvini e il Quirinale a Berlusconi, arriva quindi un deciso “no”. Infine anche una risposta alla senatrice Liliana Segre. “Inizi dal togliere la fiamma dal logo del suo partito” è il messaggio rivolto alla Meloni che ha rispedito al mittente la richiesta.
“Con rispetto e stima per la senatrice Segre – ha affermato al Corriere della Sera la Meloni – ribadisco che la fiamma nel simbolo di FdI nulla ha a che fare col fascismo, ma è il riconoscimento di un percorso fatto dalla destra nella storia repubblicana. Ne andiamo fieri” ha chiuso ribadendo infine di essere stanca delle continue accuse in una campagna elettorale ritenuta di livello “molto basso”.
