La crisi avanza minacciosa: a rischio 95.000 posti di lavoro

Il ministero: aperti 73 tavoli ma 27 vertenze sono già risolte. I sindacati: energia e tassi sono un rischio, sarà mobilitazione

Dall’ex stabilimento Whirlpool di Napoli ormai è scomparsa anche l’insegna, eppure gli operai sono ancora lì, a combattere per il futuro. A scriverlo è il quotidiano La Stampa. “È il terzo Ferragosto tra incertezze e speranze” dice Francesco Napolitano, anima di un movimento che, da anni, chiede risposte mai arrivate. La multinazionale se n’è andata, il polo non rendeva abbastanza. E il consorzio che s’è fatto avanti per la reindustrializzazione, guidato dalla Adler, sembra pronto a sfilarsi. Problemi burocratici, dicono i vertici. Domande di permessi che non arrivano. “Ma noi siamo stanchi. Dobbiamo parlare di lavoro e dobbiamo farlo urgentemente” denunciano Gianluca Ficco e Antonello Accurso, i responsabili della Uilm impegnati in una battaglia che sembra infinita. La lotta sindacale Vecchie crisi, nubi all’orizzonte: nell’ Italia delle vacanze che guarda alle persone coinvolte e elezioni fa lo slal tra le promesse e le liti dei partiti, c’è chi lotta nel silenzio: sono i 95 coinvolti nelle crisi aziendali.

Lavoro
Dove mancano i lavoratori? Ecco i settori più in crisi (Pixabay)

Al ministero dello sviluppo i tavoli aperti sono 73, in discesa rispetto alla fine del 2021, ma tra i sindacati la sensazione è che la situazione sia destinata a peggiorare. L’ultimo dato sulla produzione industriale ha il meno, l’export ha appena subìto la prima battuta d’arresto in cinque mesi. “Non si sta facendo i conti con il costo dell’energia e manca una visione. Tra i lavoratori e le lavoratrici metalmeccaniche c’è grande angoscia, paura, soffrire e anche rabbia” attacca Michele De Palma, segretario generale Fiom. Il caso Trieste Le ultime bandierine piantate sulla mappa dell’ Italia che rischia il posto raccontano situazioni diversissime.

Il Governo al lavoro con diverse trattative aperte

Mario Draghi
Mario Draghi al lavoro per contrastare la crisi energetica © Ansa

A Trieste qualche giorno fa è esplosa la rabbia degli operai della Wartsila. I finlandesi se ne sono andati all’improvviso, nonostante una situazione economica florida. Risultato: 450 licenziati tra gli addetti ai motori navali nello stabilimento di Bagnoli della Rosandra, un contraccolpo sull’indotto e un presidio ai cancelli che ha coinvolto anche i portuali. “È una delocalizzazione assurda, finanziata da Helsinki” spiega Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl. Ma fermarla sarà difficile e sono in arrivo mobilitazioni in tutta Italia. L’energia a Genova, invece, si sfila per l’Ansaldo Energia, la controllata di cassa depositi e prestiti che dovrebbe trasformarsi nella protagonista della transizione ecologica. Conti in disordine, un rilancio in bilico, in attesa della soluzione: nuovi fondi per ripartire. Un po’ come alle Acciaierie d’Italia: mentre l’acciaio globale correva Taranto restava al palo, e adesso si affida all’ennesimo miliardo staccato con l’ultimo decreto Aiuti.

C’è una situazione di fibrillazione: a marzo, l’azienda ha messo unilateralmente in cassa integrazione 3.000 lavoratori, che si aggiungono agli oltre 700 dell’Ilva in amministrazione straordinaria, fino a fine anno – dice Rocco Palombella della Uilm -. E gli interventi sono solo di contenimento“. I timori “Veniamo da 18 mesi in cui l’industria metalmeccanica ha ottenuto risultati superiori anche a Germania e Francia – aggiunge Benaglia -. Ma le preoccupazioni ci sono: il rialzo dei tassi di interesse e la congiuntura internazionale non ci fanno autunno“. È possibile che non lo sarà per gli 860 che gravitano attorno a Psc, il polo dell’impiantistica con il “Patrimonio Rilancio” voluto dal governo giallo-verde e finito in concordato, e nemmeno alla Supermonte, che producono contenitori per il trasporto di vino, birra e olio. Eppure, la situazione stava migliorando. Dalla struttura del Mise, che dopo la riorganizzazione voluta da Giancarlo Giorgetti è coordinata da Luca Annibaletti, spiegano che, tra i tavoli aperti, quelli relativi a crisi in corso sono diminuiti: erano 55, oggi 46. Gli altri 27 riguardano il cosiddetto “monitoraggio“, la in cui affrontano con le istituzioni «i di riconversione e rilancio»: sono passati percorsi da 14 a 27. Di questi ultimi, 15 devono affrontare sostanzialmente risolte: dalla Acc alla Bosch, fino a Caterpillar, Alcar Industrie, Elica, Natuzzi, Timken. In qualche caso, come alla Conbipel, lo Stato è diventato azionista con il fondo di Salvaguardia (“uno strumento strategico“, dice la viceministra Todde), in altri sono arrivati ​​in soccorso cavalieri bianchi. Se la Ceramica Dolomite è stata salvata da Del Vecchio e Marchi, all’ex Gkn la situazione è un po’ più incerta, visto che i nuovi investitori non si sono presentati all’ultimo tavolo.

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