Spagnoli e italiani, così latini ma così tanto diversi. “Siamo vicini e affini in tante cose, ma ci assomigliamo meno di quanto crediamo”
Così vicini, ma altrettanto lontani. Spagna e Italia sembrano due paesi che si assomigliano molto, nella lingua e nella cultura, ma in realtà sembrano essere due mondi paralleli che non si incontreranno mai. “Il successo sociale in Spagna? A un italiano, o a un’italiana, capaci di preparare un buon tiramisù è garantito” capitava di sentirsi suggerire anni fa, e forse capita ancora, alle feste di Madrid. Le vie dell’integrazione sono infinite e, per i nuovi arrivati dall’Italia, sicuramente l’abilità ai fornelli è una efficace chiave d’ingresso nella vita mondana spagnola. Che, a dire il vero, si svolge più spesso all’aperto: «Voi amate le cene casalinghe tra amici, noi preferiamo uscire la sera e muoverci di birreria in birreria» vengono regolarmente avvisati i neofiti della movida che, qui, nessuno chiama più così da decenni.
“Ci amiamo. Siamo vicini e affini in tante cose, ma ci assomigliamo meno di quanto crediamo” premette Enric Juliana, vice direttore del principale quotidiano della Catalogna, La Vanguardia . Per ragioni storiche: “La Spagna ha il passato di un impero. Una decisione firmata a Madrid, pochi mesi dopo era in vigore anche in Patagonia. L’Italia è uno stato nazionale unitario dal 1861“. E per motivi geopolitici: “L’Italia ha uno sguardo orientale che manca alla Spagna: Venezia, Marco Polo, Trieste e Milano e l’Austria-Ungheria, Bisanzio, Ravenna, il canale di Otranto, l’Albania, la Grecia. In alcuni paesi della Calabria si parla ancora l’albanese… La Spagna è nettamente orientata a occidente: i Pirenei, il Nord Africa e l’America Latina. Più di 400 milioni di persone parlano lo spagnolo nel mondo , lontano dall’Eurasia“.
Però, ci si tiene sempre d’occhio. Alla fine del 2006 il presidente del governo José Luis Rodríguez Zapatero, diede agli spagnoli un euforico annuncio: “Entro quattro anni il nostro reddito pro capite supererà quello dell’Italia“. Un anno dopo, alla vigilia della Grande Crisi che avrebbe colpito il mondo intero, sommandosi nella monarchia parlamentare dei Borboni allo scoppio di una gigantesca bolla immobiliare, Zapatero incontrò la stampa estera per gli auguri natalizi e rafforzò il pronostico e l’orgoglio nazionale: “L’anno prossimo sorpasseremo l’Italia, poi raggiungeremo la Francia infine la Germania». Di fatto non andò esattamente così e, alle elezioni del 2011, il socialista Zapatero dovette lasciare il posto al conservatore Mariano Rajoy. Ma l’Italia continua a essere nella penisola iberica un parametro, un termine di paragone economico e politico più pertinente di quello francese. E assai più interessante di quello dei vicini portoghesi.
“L’Italia è percepita come un modello di riferimento — conferma il direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Barcellona, Lucio Izzo —. La Costituzione spagnola è stata scritta ispirandosi a quella italiana, nel 1978, al termine del franchismo, durante il quale il nostro era stato uno dei paesi dove gli spagnoli potevano procurarsi i libri e vedere i film proibiti dal regime di Francisco Franco. In quel lungo periodo l’Istituto di Cultura e la scuola italiana rappresentavano un’oasi di libertà e conoscenza. Pedro Almodóvar ricorda spesso di essersi formato con il cinema italiano degli anni ’50 e ’60. Anche se Federico Fellini è stato bandito per motivi politici e culturali fino agli anni ‘80“.