In esclusiva a Notizie.com l’ex tuffatore e tre volte medaglia d’oro ha commentato le imprese azzurre a Roma.
Europei placcati d’oro e dove trovarli. Proprio a Roma, la sua città natale. Nicola Marconi, ex tuffatore, tre volte sul gradino più alto d’Europa, una volta in coppia con il fratello minore Tommaso. Famiglia di campioni.
Ora fa l’allenatore, trasferisce doti ed esperienza ai giovani che si avvicinano a uno sport così affascinante. Un ruolo illustre, il suo: responsabile tecnico e tecnico della sezione tuffi per il Gruppo Sportivo della Marina Militare. Ha parlato in esclusiva a Notizie.com e commentato le ultime imprese azzurre, preziose come le 67 medaglie conquistate. Un dominio tra vasca, sincro, tuffi e acque libere.
Nicola Marconi, un trionfo con l’Italia davanti a ogni altra nazione. Te l’aspettavi?
“Sì, almeno sul sincro e sui tuffi. Avevo delle certezze su alcune specialità. Seguo da 3-4 anni l’acrobatica e l’area del nuoto artistico. Ci ho lavorato, sapevo che certi traguardi fossero possibili”.
Insomma, risultati per niente casuali.
“Ero certo che l’Italia avrebbe ottenuto tanti successi, sono arrivate tutte le medaglie che mi aspettavo. Il nuoto poi è una corazzata da anni, anche lì non avevo dubbi”.
Quanto ha influito l’assenza della Russia sui successi ottenuti?
“Sicuramente sarebbe stata protagonista sia nei tuffi, sia nel campo artistico. Ma non si portava nulla da casa, la sua partecipazione sarebbe stata anche uno stimolo in più. La medaglia per la Russia non sarebbe stata automatica, l’Italia non è più in secondo piano, anzi, ormai se la gioca alla pari. A livello agonistico è stato un peccato, anche con la Russia i risultati sarebbero stati più o meno simili”.
L’emozione più grande degli Europei di Roma?
“Sono molto contento dell’oro di Lorenzo Marsaglia, lo conosco da quando ha iniziato. L’ho visto crescere nella Marina Militare e al Circolo Canottieri Aniene. Lo considero un fratellino, sono felice per quello che ha fatto. Stessa cosa per Chiara Pellacani, me la ricordo che era una bambina, faceva i tuffi accanto a me ed era una gnappetta. Ora io ho smesso e continuo a seguirla. Un piacere vederla vincere”.
L’Italia dei tuffi si è dimostrata fortissima.
“Bello vedere che non sia più rappresentata solo dall’exploit dei Marconi e della Cagnotto, che sia una squadra a tutto tondo. Il cambiamento è iniziato tanti anni fa con noi, la Federazione ha messo su un bel progetto, ha investito a lungo termine. All’epoca andammo a Trieste per crescere, ora c’è il centro federale dell’Acqua Acetosa a Roma che è molto importante. Naturalmente ci sono anche Trieste e Bolzano, tutto ciò ha comportato una crescita”.
Il merito maggiore della Federazione?
“Sono stati fatti confronti e raduni al nord e al sud. Sono stati inclusi giovani, magari portandoli anche come riserve. La costruzione della piscina federale a Roma ha fatto la differenza, è uno dei migliori centri d’Europa, forse il migliore in assoluto. Ci permette di lavorare nel modo migliore possibile”.
Cosa c’è dietro a una medaglia?
“Il talento e la qualità del lavoro. Non si possono raggiungere certi obiettivi senza un impianto adeguato, con la piscina e la palestra per i tuffi. Ci vogliono tanti attrezzi, le logge, la piattaforma, le pedane, le sale pesi. La Federazione ha investito ed è stata ripagata. Alcune cose sono fondamentali. La stagione inizia a settembre, ma fino a novembre il lavoro viene fatto a secco. L’atleta si sente in sicurezza, atterra sui tappetini, sempre di piedi, si prova molte più volte che in piscina e non ci sono tempi morti”.
I tuffatori che provano senza acqua…
“Esatto, parte tutto così. Gli atleti, se ben guidati da allenatori competenti, acquisiscono il gesto tecnico in modo sicuro e prendono fiducia in se stessi e nelle loro capacità. Questo è molto importante, poi durante il tuffo più difficile l’atleta ha sicuramente meno dubbi. Si tratta della base del lavoro”.