Putin e l’economia russa reggono tutto nonostante l’embargo e le sanzioni, l’Europa invece non sa come affrontare la crisi del gas
Sono trascorsi sei mesi esatti dal giorno in cui i carri armati di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina. Doveva essere una guerra lampo, ma i soli lampi cui abbiamo assistito sono stati quelli dei missili lanciati contro le città. Doveva anche essere il primo conflitto asimmetrico degli anni Duemila, ma in realtà ci siamo trovati di fronte alla prima guerra combattuta per interposto esercito, nel senso che lo scontro è fra Russia e Paesi occidentali, ma questi combattono per delega, visto che le armi le impugnano solo gli ucraini. Soprattutto, doveva essere una battaglia in difesa della giovane democrazia di Kiev, ma purtroppo, più passano i giorni e più si comprende che in pericolo non c’è la fragile Repubblica ucraina, bensì quelle più temprate dei Paesi occidentali.
Sì, so quasi tutte le preoccupazioni manifestate fin dall’inizio si stanno rivelando fondate. Ancora ricordo quando gli esperti definirono l’esclusione della Russia dal circuito Swift, per le transazioni finanziarie internazionali, la bomba atomica bancaria che avrebbe fermato l’avanzata di Putin. Oggi, a distanza di mesi, possiamo dire che il blocco delle operazioni creditizie non era un ordigno nucleare, ma un petardo, prova ne sia che 180 giorni dopo l’adozione di questa misura Mosca non ha ancora dichiarato bancarotta.
In tutta Europa le bollette sono alle stelle: dalla Gran Bretagna, alla Germani, alla Spagna e per finire in Italia
È vero, il Pil è sceso e l’inflazione è salita, ma meno di quanto era stato previsto. L’economia russa arranca, ma non molto di più di quella di altri Paesi. Anzi, per certi versi, in particolare per ciò che riguarda la bilancia commerciale, molto meno di quello che sarebbe stato legittimo immaginarsi. Sei mesi dopo l’inizio del conflitto, nessuno ipotizza più un termine della guerra perché forse la battaglia è diventata endemica, nel senso che siamo di fronte a uno scontro ad alta intensità, ma con un sostanziale stallo delle forze in campo. I russi avanzano di pochissimo, ma soprattutto tengono le posizioni.
Gli ucraini, nonostante il forte sostegno dei Paesi occidentali, ogni tanto mettono a segno qualche tiro azzeccato, colpendo obiettivi strategici, tutto qui. Niente fa pensare che quanto era stato promesso, ovvero un rovesciamento delle forze in campo, sia possibile. Nulla induce a ritenere che presto sarà possibile deporre le armi e avviare una trattativa di pace. Il pericolo di una guerra a oltranza, che potrebbe protrarsi per anni nel cuore dell’Europa, dunque si fa sempre più palpabile e i governi occidentali non paiono avere idee su come interromperla. In Gran Bretagna le bollette sono alle stelle e mentre si registra un’inflazione che sfiora il 20 per cento, il numero degli utenti morosi perché non in grado di far fronte al salasso di riscaldamento e luce aumenta. In Germania si discute da prima dell’estate di come affrontare la situazione, mentre da noi il governo ha preferito rinviare qualsiasi decisione, ma nelle prossime settimane la questione potrebbe diventare esplosiva. Ecco, voi pensate che Paesi da tempo non più abituati a fare sacrifici siano pronti a fronteggiare una tale emergenza? Credete davvero che la crescita dell’inflazione, accompagnata dalla crisi economica e dal rischio di distacchi di luce e gas, non avrà effetti sulla situazione politica e sociale dell’area economicamente più progredita del mondo? Io temo che le conseguenze saranno pesanti, e da difensori della democrazia ucraina rischiamo di vedere attaccata la democrazia in casa nostra.