Partita quasi da zero, la leader di Fratelli d’Italia è in testa a tutti i sondaggi: nonostante gli attacchi gratuiti.
La prima donna premier in Italia sarà, con molta probabilità, Giorgia Meloni. La si può pensare come si vuole su di lei, si può essere d’accordo o meno su Fratelli d’Italia, ma alla fine contano sempre i numeri e i fatti. E proprio i fatti dicono che il suo partito, Fratelli d’Italia, partendo quasi da zero o meglio da una percentuale bassissima, è avanti a tutti, anche di molto. Sopra a chiunque e il merito è proprio della donna più odiata e maltrattata d’Italia in questo momento: Giorgia Meloni.
Giorgia che soffia e strilla, accusa qualcuno (ma solo perché di destra). D’altronde, il diktat della sinistra ha sempre avallato il concetto di donna “libera ed emancipata” che deve autodeterminarsi. Ma soltanto se di sinistra. Se dell’altra sponda la si può tranquillamente e liberamente insultare.
Un risultato politico, quello ottenuto da Fratelli d’Italia, che è andato oltre le aspettative e non solo per la conferma di Giorgia Meloni quale leader di un partito, meglio dire di coalizione, che a scanso dì harakiri interni, invidie e ripicche, si prepara al governo del Paese. Fdi ha una granitica consapevolezza di forza e di coerenza della nuova destra di governo che non rinnega la sua storia rifiutando però il riduzionismo neofascista megafonato dalla narrazione mainstream e ora anche da influencer più o meno famosi (e famose). Argomento che la sinistra non riesce proprio ad accettare. Si parla solo di fascismo per screditare la Meloni, nessun argomento di confronto, nessun programma o riflessione, soltanto attacchi spesso e volentieri infondati. È innegabile che FDI si proponga come il partito a difesa di cultura, identità e valori cristiani dell’Occidente. Inutile sostenere il contrario e sforzarsi di trovare ogni giorno qualcosa di sbagliato in lei, bisogna ammettere e concederle quello che di bello e di grande ha fatto. Una Meloni che, nel corso della sua ascesa, è anche diventata presidente del Partito dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr). Ha costruito, passo dopo passo, un partito forte, ben solido. Partendo dalle fondamenta, puntando sui suoi fedelissimi e su una classe dirigente valida e di cui fidarsi.
Incalzata quotidianamente non ha (giustamente) cambiato il simbolo di FDI. Quella Fiamma Tricolore diventato ora un altro problema per la sinistra, come era stato ancor prima un problema il Papeete di Salvini, ma non il ballo di oggi della premier finlandese Sanna Marin e come erano stati un problema le cene di Berlusconi e non quelle del Pd in cui si minaccia di morte qualcuno con toni mafiosi “gli sparo, me deve chiede scusa in ginocchio”. Una sinistra isterica e schizofrenica che va a ripescare le dichiarazioni di una giovanissima Giorgia, 19enne, su Mussolini – come fosse ancora lei quella ragazzina a dover guidare la Nazione ora. Dimenticandosi di uno Stefano Fassina ragazzo, futuro poi viceministro del Governo Letta, che si iscrisse al Partito Comunista e nessuno, 28 anni dopo, gliene fece una colpa.
Fa paura la Meloni e fa paura per aver detto quello che poi tutti gli italiani pensano, quello che pensava (su certi temi) una volta anche la sinistra, quella vera pero: no all’immigrazione incontrollata, alla patrimoniale, alla cancel culture, alle morti sul lavoro (e la difesa del lavoro stesso) agli attacchi contro la famiglia. Ed ancora la tutela del Made in Italy, meno tasse, l’amore per la propria Nazione. Quel Dio, Patria e Famiglia che non ha nulla di razzista e pericoloso, ma che dovrebbe essere il mantra di ogni cittadino. Contro ogni devianza (Letta si è dichiarato a favore di tutte). Ma così non è e non sarà, almeno fino a quando non finiranno queste elezioni.
Fa paura una Meloni che vuol guardare più lontano scrutando l’orizzonte con occhi oggi diversi. Più liberale e meno sovranista, con orgoglio e regole certe, che indica ai suoi ed anche agli alleati una prospettiva più inclusiva perché più moderata e rassicurante. Il suo popolo la adora e la seguirebbe ovunque. Ecco perché averla come nemico, adesso, non conviene proprio a nessuno. E allora una domanda sorge spontanea: il costante, latente mancato riconoscimento della Destra in Italia, non è forse un pericolo?