Mentre la crisi energetica cresce, la Russia brucia vicino alla Finlandia il combustibile non esportato, per un valore pari a circa 10 milioni di euro al giorno. Un gesto che testimonia la follia e l’insensatezza della guerra.
Non ditelo a Greta Thunberg. Tutto il gas che Mosca ha smesso di inviare in Europa, infatti, sta bruciando ogni giorno a due passi della giovane svedese, al confine con la Finlandia, precisamente nell’impianto di Portovaya, a nord-ovest di Pietroburgo, per un valore di 10 milioni di euro al giorno, come scrive stamane il quotidiano Libero. Una politica folle, che oltre ai danni di natura economica rischia anche di dare vita a problematiche di tipo ambientale, con il rischio di scioglimento di ghiacciai nei pressi dell’Artico.
La prima a scoprire l’azione russa di smaltimento del gas in eccesso è stata la società norvegese Rystad Energy, che sostiene vengano bruciati nel sito intorno ai 4,34 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto al giorno. Notizia poi diffusa dalla britannica Bbc con a corredo alcune immagini di grandi fiamme che salgono dalle torrette dell’impianto. I satelliti mostrano poi la radiazione che la combustione del gas provoca. Si tratterebbe, spiegano alcuni esperti, di gas destinato ad essere esportato in Germania.
Non a caso, l’impianto in questione si trova non molto distante da una stazione di compressione situata vicino all’inizio del gasdotto Nordstream 1, ovvero quello che sarebbe stato deputato a trasportare il gas vero la Germania sotto le acque del mare. Forniture che fin da metà luglio vedono una netta riduzione, e che Mosca avrebbe ufficialmente ricondotto a “problemi tecnici”. Gli inglesi sostengono che si tratti della conseguenza del fatto che la Russia non riuscirebbe più a vendere quel gas in nessun Paese, mentre altri sostengono che si tratti di una pratica comune negli impianti di lavorazione, che può avvenire tanto per ragioni tecniche quanto per motivi di sicurezza.
La decisione pare con molta probabilità che sia legata a ragioni di natura operativa, nel momento in cui cioè gli operatori cercano in tutti i modi di non chiudere gli impianti, per la paura che poi possa essere particolarmente difficile o costoso il loro riavvio. Uno spreco in ogni caso a dir poco enorme, viste le difficoltà che i Paesi europei e a cascata il mondo intero rischiano di vivere in maniera significativa da qui ai prossimi mesi.