Monaco, 50 anni dall’evento drammatico segnati dall’accordo con i familiari

Le si attendeva come il simbolo della rinascita della Germania dopo il nazismo, ma le Olimpiadi di Monaco del 1972 passarono alla storia per il terribile massacro di cui oggi cade il cinquantesimo anniversario. 

monaco olimpiadi
(Ansa)

Undici atleti israeliani furono massacrati dai terroristi del gruppo palestinese Settembre Nero. Prima dell’alba del 5 settembre, il commando di otto uomini entrò in azione sorprendendo la delegazione statale ebraica che stava dormendo.

Per evitare il ricordo giorni bui delle Olimpiadi del 1936 sotto Hitler, la polizia locale si fece trovare disarmata e in borghese. Una volta all’interno dell’appartamento i terroristi uccisero a colpi di arma da fuoco l’allenatore di wrestling Moses Weinberg e il sollevatore di pesi Joseph Romano, che rimase a terra sanguinando copiosamente. Altri nove atleti israeliani furono presi in ostaggio.

La ricostruzione del dramma

Il commando chiese il rilascio di oltre 200 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, oltre a due terroristi della RAF, Andreas Badr e Ulrike Meinhof, e un aereo per portarli in salvo. “Se accettassimo, nessun israeliano sarebbe più al sicuro nel mondo”, furono le parole del primo ministro israeliano Golda Meir, che rifiutò ogni richiesta, intesa come “ricatto”. Lo stato ebraico si offrì infatti di inviare le proprie forze speciali, ma ci fu il rifiuto da parte di Berlino.

Le autorità tedesche iniziarono i negoziati per cercare di guadagnare tempo mentre elaboravano un piano per liberare gli ostaggi. Impreparati per l’evento, né per una situazione simile, agenti armati tentarono di irrompere nell’appartamento, ma il loro avvicinamento venne addirittura trasmesso in diretta tv al Villaggio Olimpico. Con il risultato che persino i terroristi erano davanti allo schermo, e i militari vennero costretti a ritirarsi. Alle 22, dopo che la scadenza dell’ultimatum venne più volte posticipata, si raggiunse un accordo per trasferire i commando e gli ostaggi alla base aerea di Fustenfeldbruck, da dove si sarebbero recati al Cairo con nove atleti italiani.

I tedeschi provarono a condurre un blitz in aeroporto per soccorrere le persone rapite, ma le cose andarono male: i terroristi vennero trasportati sulla pista con due elicotteri e trovarono ad attenderli un Boeing e forze speciali travestiti da membri dell’equipaggio. Quando due palestinesi si sono fatti avanti per controllare, la polizia ha aperto il fuoco, scatenando una lunga sparatoria. Mentre i rinforzi tardavano ad arrivare, i terroristi lanciarono una granata contro il primo elicottero, uccidendo i passeggeri, prima di sparare agli ostaggi sul secondo elicottero.

Le ultime vittime dell’operazione fallita furono la morte di nove atleti insieme a un ufficiale di polizia tedesco e cinque bombardieri. I tre membri rimanenti di Black September sono stati catturati, ma la loro detenzione non è durata a lungo: Berlino li rilasciò in poche settimane dopo dopo aver dirottato un volo Lufthansa per Zagabria in cambio della restituzione dell’equipaggio e dei passeggeri.

L’accordo a 50 anni di distanza

Il 6 settembre, a seguito del massacro, si è tenuto nello stadio un memoriale alle vittime, con il presidente del CIO Avery Brundage che ha invitò le Olimpiadi a continuare. Una decisione che letteralmente divise l’opinione pubblica. Attirando anche le parole del capo della polizia locale Manfred Schreiber, che, giorni dopo, ha accusato dell’incidente Israele, a suo dire colpevole di aver inflitto una “pena di morte” agli atleti che avevano respinto le richieste dei terroristi.

Nel 2012 Israele rilasciò alcuni importanti documenti ufficiali sui rapimenti, incluso materiale riservato e un rapporto del capo del Mossad Zvi Zamir. Questi, tornato da Monaco, criticava aspramente le azioni della Germania e sottolineava che non si stava facendo nulla per tentare di “salvare vite”.

Dopo la tragedia, le famiglie delle vittime aprirono un contenzioso con Berlino, chiedendo scuse formali e un risarciment. Inizialmente la Germania offrì ùun milione di marchi come “gesto umanitario”, ma continuando a rifiutarsi di ammettere alcuna responsabilità. Negli anni si è arrivati ​​a 4,6 milioni di euro, ancora tuttavia molto lontani dalla cifra richiesta dai familiari, fino a quando nei giorni scorsi le due parti sono infine giunti a un accordo di 28 milioni di euro.

I presidenti tedesco e israeliano Frank-Walter Steinmeier e Isaac Herzog hanno sottolineato, in una nota congiunta, che Berlino ha in questo modo riconosciuto la sua “responsabilità e le terribili sofferenze delle persone uccise e dei loro parenti”. Concludendo, a cinquant’anni di distanza dal tragico attentato, che “l’accordo non può sanare tutte le ferite. Ma apre una porta l’uno all’altro”.

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