Addio a Roberto Renga, lutto nel mondo del giornalismo sportivo

E’ stato uno degli inviati di punta, firma storica e penna elegante de Il Messaggero, personaggio radiofonico e televisivo

Se ne è andato in silenzio, lui che, di solito, soprattutto negli ultimi anni su Twitter, faceva sempre un po’ di trambusto. Ma non per fare scena o chissà cosa, il suo era sempre un modo elegante di porsi e interagire, per far parlare, anche perché scriveva con classe, con semplicità e in maniera diretta, e mai con volgarità. Se ne è andato Roberto Renga, aveva 76 anni, e da diverso tempo, lottava con un male che non gli ha lasciato scampo. A tanti non stava simpatico, molti pensavano che fosse lì, seduto su un piedistallo e giudicava tutto e tutti, ma in realtà era una persona per bene che credeva molto nelle sue idee e che, per quanto ha dato nella sua carriera e per quanto bravo fosse stato, probabilmente avrebbe meritato ben altri palcoscenici.

Il giornalista
Il giornalista e storica firma de Il Messaggero Roberto Renga (twitter)

Spesso e volentieri ciò che scriveva spesso su Twitter non veniva accettato, per questo tanti o lo amavano o odiavano. Roberto era una persona brillante, a cui piacevano le cose belle, come il bel calcio o il grande campione. Era un gran competente di calcio, per anni si è anche dilettato a fare l’allenatore per una squadra da lui stesso fondata, l‘Albatros, ha anche avuto un esperienza dirigenziale al Perugia calcio, di cui era un gran tifoso. E’ stata una firma storica del Messaggero, per il quale ha seguito mondiali di calcio e Olimpiadi, ma anche fatti di cronaca. Per anni ha fatto parte delle trasmissioni radiofoniche e sportico dell’emittente Radio-Radio. E’ stato un grande giornalista, brillante e sempre diretto. E’ stato anche uno scrittore, facendo parlare di sé anche con alcuni libri come “Una storia nazionale”, in cui ha ripercorso tappe storiche della maglia azzurra e lo scandalo di Calciopoli vissuto dai calciatori della Nazionale, e poi “La partita del diavolo: Dalla tragedia dell’Heysel a una storia d’amore e di violenza. Fra teppisti-mercenari, partite vendute, omicidi e giochi di potere“. E prima, una autobiografia, “Ho ballato con Mandela“, in cui la sua vita intrecciava le vicende del calcio italiano svelando curiosità e aneddoti, ad esempio cosa si dissero Baggio e Sacchi a New York.

L’ultimo tweet

E’ stato “scomodo ma autentico“, come ha scritto l’ex direttore generale della Federcalcio Antonello Valentini: “Roberto non faceva sconti, ma la sua onestà intellettuale, la sua vis polemica, la sua arguzia e la sua professionalità erano e rimarranno un patrimonio del giornalismo italiano. In un giornalismo sempre più codino e compiacente, mancheranno il suo rigore professionale, la caccia alla notizia, la difesa delle proprie idee, la capacità di confrontarsi senza scorciatoie e convenienze“. L’ultimo tweet, il social, l’unico col quale interagiva, che il figlio Francesco ha conservato e pubblicato su richiesta del suo papà: “Non posso lamentarmi. Sono stato molto amato e molto odiato. Il mio perdono a tutti meno tre”.

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