Elogi alla sovrana e alla sua «fedeltà a Regno, popolo e famiglia». Cioè quello per cui disprezzano Meloni e Salvini
“Contrordine, compagni. Noi grideremo eterna fedeltà alla monarchia, al potere di uno solo; ormai abbiamo rottamato Falce e Martello, crediamo in Corona e Trono”. Deve essere passata questa velina ieri nelle redazioni dei quotidiani di sinistra per convincere giornalisti e firme illustri a celebrare in modo sperticato la Regina Elisabetta appena scomparsa, scrive Libero.
Lei, icona della Tradizione, modello di Nobiltà e non certo di Proletariato, di promozione fiera dell’identità nazionale e mica di globalismo senza confini, di potere sacrale al punto che avrebbe dovuto essere Dio in persona a salvarla, nonché vertice della Famiglia Reale, curiosamente si trovava a essere omaggiata dai quotidiani progressisti che di solito esprimono ripugnanza per tutto ciò che ha che fare con Dio, Patria e Famiglia, con l’ingombrante Tradizione, con l’idea di un individuo dotato di un’eccellenza ereditaria e di sangue, visione che confligge col modello di una società di uguali.
Elogi e omaggi alla monarchia e alla famiglia Reale
Su Repubblica Gianni Riotta elogiava della sovrana il suo essere «icona pop senza tempo» (pop o populista?), mentre Enrico Franceschini la descriveva come “lo specchio in cui si riflettevano i suoi compatrioti“. Bizzarramente poche pagine più avanti il direttore Molinari rimproverava però alla Meloni proprio il “sovranismo“, non apprezzando troppo il suo obiettivo di “dare al Paese un governo che crede nell’identità nazionale” (evidentemente, se la Meloni fosse stata una regina e si fosse chiamata Giorgia I, sarebbe stata lodata). Sul Corriere della Sera invece Beppe Severgnini si spingeva a definire Elisabetta “la sovrana di tutti noi” e ne glorificava aspetti che, attribuiti ad altri personaggi. E perfino l’ex premier britannico laburista Tony Blair ci teneva a tributare il nazionalismo della regina in quanto “rappresentava tutti i valori per cui siamo orgogliosi di essere “British”“.
Tutti convertiti sulla via dell’identità patriottica, e in nome di Elisabetta. Certo, nessuno di costoro ricordava però che Elisabetta II non si era mai detta ostile alla Brexit, tanto che il giorno dopo l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue aveva commentato, con regale ironia, “Sono ancora viva“. E nessuno citava la sua posizione mai contraria al referendum di indipendenza della Scozia, a condizione che, attraverso un compromesso, Edimburgo non si scindesse dalla corona britannica. In quell’occasione la regina si era limitata a dire: “Spero che tutti riflettano con molta attenzione sul loro futuro“. Sui quotidiani di sinistra si preferiva un ricordo retorico della sovrana declinando in chiave sentimentale il suo patriottismo.