L’articolo 18 del dl Aiuti bis contiene una serie di misure relative al ripiano e al superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici
Le tensioni tra partiti e al tempo stesso l’esigenza di portare a casa velocemente un pacchetto a sostegno del caro bollette e delle insolvenze rendono praticamente impossibile sminare la grana che Roberto Speranza e Daniele Franco hanno lasciato in eredità ai partiti, scrive il quotidiano La Verità. L’articolo 18 del dl Aiuti bis (Accelerazione delle procedure di ripiano per il superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici e dei tetti di spesa farmaceutici), contiene una serie di misure relative al ripiano e al superamento del tetto di spesa per i dispositivi medici per gli anni che vanno dal 2015 al 2018 (inclusi). In pratica, il ministero della Salute e quello dell’Economia hanno deciso di intervenire a posteriori per sanare la procedure del payback per le oltre 4.000 aziende che si occupano di dispositivi medicali.
La norma non è mai stata definita fino ad oggi e teoricamente dovrebbe prevedere un prelievo sul fatturato delle aziende e in base alla quota di mercato nel momento in cui le singole Regioni vadano a consuntivo delle spese e finiscano con lo sforare il budget previsto. In pratica, l’idea si traduce in una sorta di esproprio che vale nel complesso (quinquennio 2015/2020) 3,6 miliardi. Solo il primo triennio dal valore di circa 2 miliardi è stato però messo a copertura del decreto. Aspetto che lega le mani a quasi tutti i partiti. I responsabili economici di Fratelli d’Italia (l’unico partito all’opposizione durante la legislatura Draghi) contattati da La Verità hanno fatto sapere di aver aperto il dossier e di aver avviato contatti con le associazioni di categoria per trovare soluzioni successive.
Va trovata una soluzione al più presto
Tradotto, possibili interventi riparatori ma solo in un decreto successivo. Va ricordato che non è possibile utilizzare nemmeno il decreto Aiuti ter per porre rimedio. Il testo che si muoverà in parallelo al bis dovrebbe essere partorito dal Cdm in concomitanza della conversione del precedente. Sarà difficile arrivare a 12 miliardi di coperture, figuriamoci sottrarre in blocco un pacchetto da 2 miliardi. Il problema però resta. E l’associazione di categoria della Confindustria dispositivi medici ribadisce l’allarme. “Pandemia, guerra, crisi energetica e delle materie prime stanno lasciando il nostro comparto in forte sofferenza. A questi vanno purtroppo aggiunti sistemi di tassazione specifici per il settore, come il payback contenuto nell’Aiuti bis, che dovrebbe appunto aiutare le imprese e non metterle in difficoltà chiedendo al comparto di pagare un tributo di oltre 2 miliardi. Si tratta di un provvedimento“, fanno sapere dall’associazione di categoria, “che grava sulle imprese in un momento già drammatico per la nostra economia. Non si può pensare che ci sono delle gare in cui vengono definiti prezzi e quantità e poi dopo anni viene richiesta una contribuzione del 50% dello sforamento della spesa regionale, di cui le aziende non hanno responsabilità“.
Resta il problema di fondo e la presa in giro. Come si può chiamare un decreto «Aiuti» alle aziende se dentro nasconde l‘inganno di nuove tasse alle aziende? È la quintessenza di un pericoloso gioco delle tre carte che rischia di far saltare definitivamente il tessuto produttivo del Paese e, in questo specifico caso, pure un pezzo di welfare. Le imprese del comparto sono circa 4.000. L’80% di queste è costituito da piccole e medie imprese legate al territorio. Piccole aziende che significano posti di lavoro e ricchezza, ma anche innovazione del made in Italy. Tre voci che non si possono buttare alle ortiche. Tre enormi danni di cui soprattutto Speranza dovrebbe rispondere