Le parole del leader del Movimento 5 Stelle sulla crisi in arrivo in particolare a causa degli aumenti delle bollette, in cui promette nessun veto sul prossimo decreto in arrivo, mentre si scaglia duramente contro il segretario del Pd Enrico Letta che lo accusa di bloccare il Parlamento.
Per Conte è necessario sbloccare i crediti che permettono di allontanare l’incubo del fallimento di 40mila imprese, in linea con quanto affermato da quasi tutte le altre forze politiche, mentre Draghi però non sembra accondiscendere alla richiesta.
In queste settimane infatti il Pd ha messo sul banco degli imputati proprio i pentastellati guidati da Giuseppe Conte, colpevoli a loro dire di essere i responsabili del blocco del decreto Aiuti per famiglie e imprese di cui sta discutendo il Parlamento per cercare di contrastare la crisi che avanza. Tutto per difendere una personale bandiera elettorale, è la tesi dei dem capeggiati dal segretario Enrico Letta: quella del Superbonus.
“Sono menzogne meschine di chi fa campagna elettorale sulle pelle di 40mila imprese che rischiano di fallire”, ribatte duramente Conte intervistato dal Quotidiano Nazionale, che parla di “fango” gettato sui 5 Stelle. Conte spiega infatti che “il decreto Aiuti è già legge, non c’è nulla di bloccato”, mentre è diversa la questione che riguarda la conversione del provvedimento in legge, verso la quale spiega che da parte del suo partito non c’è alcun veto. “Mica siamo pazzi”, chiosa.
In mezzo c’è infatti la questione del Superbonus, che continua derubrica a faccenda molto “semplice”. “Il Superbonus viene osteggiato perché, seppure valido agli occhi di tutti, è una misura ideata dal M5S”. I pentastellati sono inoltre a favore dello scostamento di bilancio e di una proposta di un Recovery Fun dell’energia in Europa, come anche le altre forze politiche, che per Conte “sono venute sulle nostre posizioni”. Il problema è che Draghi non sembra volere concedere alcuno spazio di manovra in questa direzione.
Tuttavia, il tasto dolente arriva quando si parla del Pd, il partito con cui Conte avrebbe dovuto fare fronte comune, o meglio “campo largo”, accreditandosi in un primo momento come esponente del mondo progressista. Un progetto poi del tutto naufragato. Per cui oggi Conte, dietro la campagna elettorale del Pd, non vede altro che “un’autostrada per Giorgia Meloni”, oltre che “una polarizzazione per dare patenti di legittimità politica a destra e manca”.
Ma anche “un programma basato sulla differenza con gli avversari e non sulla proposte per il Paese”, chiosa il leader M5S, mentre spiega che “gli italiani capiscono che la retorica del voto utile”, di cui ha parlato Letta negli ultimi giorni, “è una deformazione della politica”. “Mi sembra che questa strategia non stia pagando”.