Schiava e segregata. La donna in lacrime: per l’inverno avevo solo delle coperte e se parlavo arrivavano schiaffi e insulti
Una storia agghiacciante, riporta il CorSera. Di quelle che ti lasciano senza parole e di stucco perché siamo nel 2022, racconti e vicende del genere si sperano sempre che possano appartenere ad un lontano passata, invece no. “Ma davvero siete venuti qui per liberarmi? Io in questo posto non voglio più starci…“. Quando i carabinieri della compagnia di Bojano hanno aperto la porta della sua “prigione“, questa donna di 67 anni – che subito agli uomini dell’Arma è apparsa terrorizzata, gli occhi sgranati, il corpo esile – sulle prime non voleva parlare. Ma poi le parole rassicuranti – “signora, non abbia paura, siamo qui per lei” – l’hanno convinta. Allora “ha sorriso per qualche istante per poi iniziare a piangere, un pianto liberatorio” racconta uno degli investigatori che venerdì ha preso parte al blitz nel casolare alle pendici della collina su cui è arroccato il borgo medievale di Casalciprano.
Dal 1995, rimasta vedova, la donna viveva qui con il fratello e la moglie che da un giorno all’altro avevano deciso di toglierle la libertà, trasformandola in una reclusa, in quel tugurio sporco ricavato accanto a una legnaia: la prigione da cui l’hanno portata via i carabinieri. Lucida e chiara, in audizione protetta, assistita dalla psicologa nominata dalla procura, ha cominciato il suo racconto così: “Non mi facevano fare nemmeno il bagno… Potevo lavarmi una volta al mese nella vasca del bucato“. La donna ha riferito di essere stata segregata, “ridotta al silenzio, erano schiaffi e insulti se parlavo senza che prima mi dessero il permesso“. E poi: “Mangiavo ciò che mi davano, richieste fatte a voce dalla finestra…“.
Rinchiusa per 22 anni senza riscaldamento e assistenza
Nella stamberga in cui è stata detenuta per 22 anni non c’era nemmeno il riscaldamento e “d’inverno, per riparami dal freddo, usavo delle coperte… Poi indossavo gli abiti che avevo con me quando mi trasferii. La televisione? No, non c’era». Il capitano Edgard Pica, al quale è stata indirizzata direttamente la lettera anonima che ha permesso di aprire l’inchiesta, di questa donna «messa a dura prova” è rimasto colpito dalla “capacità di “resilienza”. In lei ha vinto la capacità di sopportare le gravissime privazioni subite, dalla libertà personale a quella di parola e di autonomia, mostrando un desiderio di vivere e di uscire dall’incubo in cui ha vissuto“. Non solo. La vedova “in ogni occasione chiedeva aiuto con tentativi rimasti per troppo tempo inascoltati“.
Lo ha fatto forse contattando, chissà come, qualche conoscente: magari proprio uno di quelli che ha inviato la segnalazione anonima. Eliseo Castelli, 47 anni, sindaco di Casalciprano, assicuratore di professione e vicepresidente regionale dell’Anci, adesso si dice “rasserenato per il fatto che questa vicenda è emersa e che a questa donna è stata ridata la libertà“. Il primo cittadino racconta orgoglioso che «sono stati i nostri servizi sociali ad avere preparato la relazione che ha permesso di avviare gli accertamenti ufficialmente». Quanto alla vedova, “faccio il sindaco da 12 anni ma ricordo di averla vista solo qualche volta, da giovane. Poi non ho più saputo nulla di lei. Chi avrebbe dovuto segnalare eventuali problemi? Forse il medico di base“. Ma il fratello e sua moglie? “Due persone affabili, cordiali: devo dire che se mi avessero raccontato ciò che poi ho appreso non lo avrei mai creduto“