Papa Francesco è intervento al Congresso dei leaders religiosi a Nur-Sultan. Il suo invito è a investire “nell’istruzione, non negli armamenti”, e a liberarsi “dalle concezioni riduttive e rovinose che offendono il nome di Dio”.
Un vero e proprio monito contro il rischio che Dio diventi “ostaggio della volontà di potenza umana”, in parallelo al richiamo perché la libertà religiosa diventi “diritto inalienabile”.
“Non giustifichiamo mai la violenza. Non permettiamo che il sacro venga strumentalizzato da ciò che è profano. Il sacro non sia puntello del potere e il potere non si puntelli di sacralità!”. Sono le parole pronunciate in Kazakistan da Papa Francesco, durante il suo discorso al Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali.
“Memori degli orrori e degli errori del passato, uniamo gli sforzi, affinché mai più l’Onnipotente diventi ostaggio della volontà di potenza umana”, ha continuato il Pontefice, prima del suo monito. “Dio è pace e conduce sempre alla pace, mai alla guerra. Impegniamoci dunque, ancora di più, a promuovere e rafforzare la necessità che i conflitti si risolvano non con le inconcludenti ragioni della forza, con le armi e le minacce, ma con gli unici mezzi benedetti dal Cielo e degni dell’uomo: l’incontro, il dialogo, le trattative pazienti, che si portano avanti pensando in particolare ai bambini e alle giovani generazioni”.
Si tratta infatti di strumenti che per il Papa “incarnano la speranza che la pace non sia il fragile risultato di affannosi negoziati, ma il frutto di un impegno educativo costante, che promuova i loro sogni di sviluppo e di futuro”. Un richiamo che farà fischiare le orecchie a molti. Spicca, non a caso, l’assenza all’incontro del Patriarca russo Kirill, che ha rinunciato alla visita in Kazakistan mandando quello che è considerato il suo “ministro degli Esteri”, il metropolita Antonij.
Francesco però non si arrende alla logica del più forte e delle escalation militari, ma cerca nuove strade per costruire la pace. Promuovendola in ogni occasione, e smarcandosi dalle logiche di potenza e di predominio. Lì nella stessa capitale kazaka di Nur-Sultan nel settembre 2001 Giovanni Paolo II gridò contro il terrorismo, subito dopo uno dei momenti più drammatici della recente storia dell’umanità e dell’Occidente.
Wojtyla, pochi mesi dopo il crollo delle Torri Gemelle, camminò a piedi scalzi nella moschea degli Omayyadi di Damasco, ricorda il portale Vatican News. Oggi Francesco chiede di tornare allo spirito che portò alla caduta del Muro di Berlino e alla riconciliazione internazionale, rinnovando cioè quella “sfida della pace” di cui il mondo ha forte bisogno.
“Negli ultimi decenni il dialogo tra i responsabili delle religioni ha riguardato soprattutto questa tematica”, ha infatti sottolineato il Papa nel suo discorso. Affranto del fatto che, nonostante ciò, “vediamo i nostri giorni ancora segnati dalla piaga della guerra, da un clima di esasperati confronti, dall’incapacità di fare un passo indietro e tendere la mano all’altro”.
Per questo, è l’appello del Pontefice ai leader religiosi, “occorre un sussulto e occorre, fratelli e sorelle, che venga da noi”. “Se il Creatore, a cui dedichiamo l’esistenza, ha dato origine alla vita umana, come possiamo noi, che ci professiamo credenti, acconsentire che essa venga distrutta?”, è la domanda del Papa. “Come possiamo pensare che gli uomini del nostro tempo, molti dei quali vivono come se Dio non esistesse, siano motivati a impegnarsi in un dialogo rispettoso e responsabile se le grandi religioni, che costituiscono l’anima di tante culture e tradizioni, non si impegnano attivamente per la pace?”, ha concluso. “Investiamo, vi prego, in questo: non negli armamenti, ma nell’istruzione!”.