Elezioni, soldi russi ai partiti italiani? Una balla colossale

Nel report americano nomi di politici di casa nostra non ci sono, eppure tv, giornali e Pd una polemica con Lega, Forza Italia e FdI

Se c’è un partito che dovrebbe evitare di sfiorare l’argomento dei soldi dall’estero, rinunciando a impersonare il ruolo di paladino della trasparenza dei flussi di cassa ai partiti, questo è il Pd. Invece, il gruppo guidato da Enrico Letta, alla notizia dell’esistenza di un report americano secondo cui i politici di 24 Paesi sarebbero stati influenzati dal denaro di Mosca, si è lanciato a corpo morto nella mischia elettorale, chiedendo che il centrodestra facesse luce sulle sue fonti di finanziamento. Che sia una mossa dettata dalla disperazione, scrive Belpietro su La Verità, cioè dalla certezza che la sfida del 25 settembre si concluderà con una bruciante sconfitta, è evidente, anche perché chi ha messo in circolo la notizia della longa manus russa dietro ad alcuni partiti si è premurato di precisare che nessun politico italiano pare risultare coinvolto.

Il leader
Il leader della Lega Matteo Salvini (Ansa)

Dunque, non si capisce perché il Pd si sia affrettato a richiedere chiarezza agli esponenti del centrodestra sui rapporti con Putin, dato che il nostro Paese non sarebbe stato teatro delle manovre per destabilizzare le democrazie occidentali. Che senso ha invitare la Lega o Fratelli d’Italia a fare luce sui rapporti con Mosca, quando i nostri servizi segreti, ma anche il comitato che vigila sulle minacce alla sicurezza nazionale, negano che la faccenda ci riguardi? L’unica spiegazione è che il polverone serva a nascondere le brutte notizie che arrivano dalla campagna elettorale e che solo il silenzio stampa sui sondaggi imposto da una stupida legge impedisce di rendere note.

Letta dovrebbe essere l’ultimo a parlare sui finanziamenti

Il segretario
Il segretario del Pd Enrico Letta (Ansa)

Come tutti ben sanno, il partito guidato da Letta è l’erede storico del Pci di Togliatti, Longo e Berlinguer e, come è altrettanto noto, quel partito è stato per decenni sostenuto dai fondi neri di Mosca. Altro che autofinanziamento, feste dell’Unità, con salamelle e vendite militanti: senza le valigette zeppe di contanti, l’organizzazione di Botteghe oscure non avrebbe retto un giorno. E infatti, quando l’Urss crollò e i flussi finanziari si interruppero, il Pci dovette sciogliersi e rinunciare all’apparato propagandistico che lo aveva trasformato nel più forte partito comunista d’Occidente. Tutto ciò è scritto nero su bianco in numerose inchieste giornalistiche e nelle innumerevoli indagini giudiziarie, che guarda caso si sono sempre fermate alla porta del Bottegone, archiviate prima ancora di vedere la luce di un processo. A ogni buon conto, chi volesse informarsi sui soldi di cui ha goduto il Pci può leggersi due libri fondamentali.

Il primo fu scritto da Valerio Riva, l’uomo che portò in Italia (e nel mondo) il Dottor Zivago di Boris Pasternak, romanzo proibito dalla censura russa. Anni fa Riva scrisse per Mondadori un’opera monumentale, dal titolo Oro da Mosca. Altrettanto interessante è L’oro di Mosca di Gianni Cervetti, parlamentare comunista che delle questioni finanziarie del partito si occupò personalmente e dunque era al corrente dei canali con cui l’Urss sosteneva il satellite italiano. Qualcuno potrebbe obiettare che queste sono faccende vecchie che risalgono almeno a trent’ anni fa. Vero, ma chi ha alle spalle una storia costruita con i miliardi dall’Unione sovietica adesso dovrebbe evitare di puntare il dito reclamando trasparenza. Anche perché, se c’è un partito che sulla questione degli affari e dei finanziamenti è poco chiaro questo è proprio il Pd.

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