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Spettacolo

Lo youtuber Klaus racconta com’è nato il suo successo sul web

Published by
Francesco Gnagni

Come può un giovane di oggi, partendo da zero, arrivare a scalare le vette del sito “Youtube” diventando a tutti gli effetti uno “youtubers”, una vera e propria celebrità della rete con entrate pari a tutti gli effetti a quelle delle star del cinema tradizionalmente intese?

La domanda soggiace nell’intervista realizzata dal Corriere della Sera allo youtuber Klaus, all’anagrafe Tudor Laurini, che rivela ironicamente: “Anche i miei genitori, quando gli chiedono ‘tuo figlio che fa?’” non sanno che dire”.

photo: YouTube

Il giovane, sconosciuto ai più adulti ma popolarissimo tra i giovani, di lavoro è un deejay, uno youtuber e un attivista, oltre che organizzatore di eventi. Venticinque anni, nato a Roma ma milanese d’adozione, spiega di avere la sua scrivania piena delle sue passioni, che sia la musica o la montagna. Realtà che si impegna di raccontare ogni giorno sui suoi profili social, immaginando quotidianamente da dove partire e come catturare l’attenzione del suo pubblico e di quello presente nel mare magnum della rete.

Non sono una persona social. Ma forse sono un influencer, nel senso letterale della parola di trasmettere. Sento la responsabilità di questi numeri”, afferma al Corriere della Sera, ripercorrendo gli inizi della sua attività, indietro cioè di 12 anni, quando realizzava musica da pubblicare su MySpace, un prototipo di “social” allora molto in voga. Sembra passata un’epoca, invece si parla di poco più di 10 anni.

L’inizio dell’attività di youtuber per l’idolo dei più giovani

“Non andavano. Quindi mi sono messo a raccontare il processo creativo che c’era dietro con video su YouTube. Dalla musica ho scoperto il montaggio video, la grafica e la modellazione 3D. Ho coltivato le mie curiosità in parallelo alla scuola. Dopo sono arrivati i video di viaggi e concerti. È strano, più della metà della mia vita è su YouTube”, racconta, spiegando che all’inizio non era ancora un social ma solo un sito in cui postare video, dove però poi sono arrivate nel tempo tante persone. E così anche il business.

“Avevo un canale già ricco, uno dei pochi, ed è esploso tutto. Oggi è figo avere numeri alti sui social, al tempo era da sfigati. In terza liceo avevo 300mila follower e mi vergognavo. In realtà non ho mai cercato questo. Anche perché vengo da una famiglia molto riservata”. Tanto che il padre ha scoperto per caso la sua attività, quando le persone lo riconoscevano per strada. Al mare un papà chiese una foto con suo figlio.

Da allora il ragazzo ha composto musiche per gli highlights di Champions League e Formula 1, fino alla soundtrack dei Mondiali di Sci. O al lancio di Wanderlust, “una piattaforma per fare eventi in spazi che il mio target non visita mai: musei, luoghi di cultura, parchi naturali”, nata nel periodo del Covid. Di fronte a tutti questi successi professionali, però, il problema per il giovane è di riuscire a instaurare un rapporto comunicativo con il padre, in particolare per quanto riguarda il suo lavoro di creatore di contenuti digitali, che non riesce ad essere compreso fino in fondo.

photo web source

“Lo rispetta molto ma ancora non sa cosa raccontare a cena a Natale, dice che faccio il consulente”, spiega al Corsera. “Va bene così. Dai miei genitori ho imparato i valori più importanti. Quando gli dicevo ‘papà voglio il computer’ e lui mi rispondeva ‘i soldi te li devi guadagnare’ non capivo. Ora sono consapevole che tutto quanto è successo grazie a lui e mia madre, al fatto che hanno sempre avuto una mente aperta. E l’hanno trasmessa un po’ anche a me”.

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Francesco Gnagni