Da Pregliasco a Galli, gli “irriducibili” del Covid tornano alla carica con le loro previsioni: “E’ chiaro che a breve ci saranno nuovi casi”
Per alcuni il periodo nero è stato lasciato alle spalle. Altri fanno molta fatica a considerare chiusa la partita con la pandemia. Fabrizio Pregliasco e Massimo Galli, due delle voci più ascoltate durante l’ondata di Covid-19, tornano alla carica, ipotizzando nuove difficoltà nelle prossime settimane. Nonostante i numeri siano in netto calo, le previsioni dei due esperti, tendono al negativo.
“E’ chiaro che dobbiamo attenderci una nuova onda” di Covid-19, “che scatterà nel momento in cui le condizioni meteorologiche e ambientali faciliteranno i contagi: quando staremo più aggregati al chiuso, quando ci saranno più sbalzi termici, quindi è presumibile a inizio inverno”. Queste le parole di Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’Università Statale di Milano. A preoccupare l’esperto sarebbe soprattutto una variante. “Temo in particolare Omicron BA.4.6 che corre molto negli Usa” ed è una delle sottovarianti attenzionate dall’Agenzia europea del farmaco Ema, insieme a Omicron BA.2.75 o ‘Centaurus’.
A fargli da eco arrivano anche le dichiarazioni di Massimo Galli, ex direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano. “Sappiamo da settimane che, con ogni probabilità, per l’autunno ci sarà una ripresa dei contagi da Sars-CoV-2. Non è una novità. Dire che la pandemia è finita, quindi, è ancora azzardato”. Inoltre “con questo virus le varianti sono attese. Ma se da una parte non possiamo mettere la parola fine all’epoca pandemica, dall’altro possiamo considerare la parte peggiore alle spalle. L’impatto delle infezioni è sicuramente meno forte”. Per Galli, “Abbiamo avuto più di 20 milioni di infettati. E abbiamo una quantità molto alta di vaccinati. Abbiamo però ancora, soprattutto tra i bambini, molti non infettati né vaccinati. Questo vuol dire che una circolazione ulteriore del virus è possibile”.
“Sappiamo anche che le vaccinazioni non sono sufficienti a eliminare il rischio di infezione, seppure si sono dimostrate in grado di ridurre di molto il rischio di malattia grave, condizione che rimane ‘appannaggio’ dei non vaccinati e dei vaccinati che non hanno risposto al vaccino perché hanno una situazione immunitaria compromessa”. In questo contesto, secondo l’infettivologo “possiamo ritenere terminata la parte più pericolosa della pandemia. In ogni caso ancora ci costerà in termini di malati, morti e fatica nell’organizzazione dell’assistenza, quindi dobbiamo tenere ben conto del fatto che una pandemia non si chiude per decreto”.