Elezioni, bollette, pensioni, riforme: ecco le mine del dopo voto

Da rinnovare subito gli aiuti all’industria per i costi dell’energia. Le partite Ita, Mps, rete tlc si sommano a urgenze Pnrr e guerra

 Le finanze pubbliche e le grandi partite della finanza privata. L’urgenza del Pnrr e ovviamente la delicatezza delle scelte in politica internazionale con la guerra in Ucraina in corso. Forse mai come agli esordi di questa legislatura una nuova maggioranza si è trovata di fronte un simile campionario di impegni ed ostacoli. Si partirà subito dalla redazione della legge di bilancio, con la mina rappresentata da una crescita vista fortemente al ribasso (proiezione 2023 non oltre lo 0,7-0,8%) che incide sugli obiettivi di contenimento del deficit ed erode di conseguenza risorse a disposizione. E tutto questo mentre andrà aggiornato il dossier degli aiuti a famiglie ed imprese contro il caro energia, basti su questo punto considerare che andranno innanzitutto rinnovate le agevolazioni per l’industria anche per il mese di dicembre.

Il rincaro
Le proteste della gente per le bollette (Ansa)

Di risorse pesanti, nell’ordine di 3,5 miliardi, ci sarà bisogno per confermare il taglio del 2% del cuneo contributivo per i lavoratori con i redditi fino a 35mila euro, in scadenza a fine anno. E anche la riedizione della Cig scontata, sul modello dell’emergenza Covid, fino alla fine dell’anno richiede nuove coperture: se si prorogano solo i 5 settori a cui già era stata data ad aprile e maggio serviranno circa un centinaio di milioni, cifra destinata a crescere con l’estensione a tutta l’industria; con l’aggiunta del commercio si stima serviranno 4-500 milioni. Nebbia fitta, intanto, sul sistema pensionistico, che a fine anno vedrà la scadenza concomitante di Quota 102, Opzione donna e Ape sociale con la prospettiva, senza interventi entro dicembre, del ritorno dal 1° gennaio 2023 alla legge Fornero in versione integrale.

Non solo le bollette e le pensioni

Le pensioni
L’Inps, l’istituto nazionale della previdenza sociale (Ansa)

Nella vicenda Tim-Open Fiber è bastato che aleggiasse un progetto alternativo, il cosiddetto «piano Minerva» congegnato da Fratelli d’Italia, per rallentare il dossier e far scivolare in avanti la scadenza per l’offerta non vincolante di Cdp sulla rete di Tim e, a cascata, anche il timing degli impegni vincolanti. Il mercato sembra indugiare in attesa di un quadro politico ben definito anche nella chiusura dell’aumento di capitale di Mps, la banca controllata dal Tesoro, e nella definizione del possibile matrimonio tra Rai Way ed Ei Towers nel settore delle torri tlc. Al cambio della guardia a Palazzo Chigi resteranno con ogni probabilità aperte anche tre grandi pagine di politica industriale, a partire dalla siderurgia di Stato. Sull’ex Ilva non è stato ancora deciso come impiegare il miliardo di euro messo a disposizione dal Dl Aiuti bis, cioè se anticipare via aumento di capitale la salita dello Stato in maggioranza nella società Acciaierie d’Italia in cui Invitalia è partner di ArcelorMittal.

I precedenti parlamentari raccontano di un centro-destra non compatto (con Forza Italia da una parte e e Fdi e Lega dall’altra) sul trasferimento di una parte dei fondi per le bonifiche alla decarbonizzazione (e quindi all’azienda). Su un altro tema, i grandi investimenti per la microelettronica, sembra finito in un limbo l’accordo cui ha lavorato il governo Draghi con Intel. La multinazionale americana potrebbe volere garanzie anche dal nuovo governo prima di ufficializzare l’operazione. E sul futuro dell’industria dell’automotive pesa come un macigno la posizione del centro-destra che, se salirà al governo, si opporrà in sede Ue allo stop alla vendita di auto diesel e benzina entro il 203

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