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Simonetta Matone: ““Potenziare la filiera per cambiare il sistema”

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Paolo Colantoni

Il Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, si è “confessata” ai microfoni de L’Opinione

Simonetta Matone, dal 1979 al 1980 è vicedirettore del carcere presso Le Murate a Firenze. Dal 1981 al 1982 è giudice presso il Tribunale di Lecco e dal 1983 al 1986 è magistrato di sorveglianza a Roma. Nel 1987 è nominata capo della Segreteria del ministro della Giustizia Giuliano Vassalli. Dal 2015 è Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma. Attualmente è Capogruppo della Lega in Campidoglio ed eletta alla Camera dei deputati.

Ai microfoni de L’Opinione ha parlato di giustizia e del futuro della magistratura. Alla luce del voto dello scorso week end:Io vorrei ricordare che Matteo Salvini è l’artefice della battaglia referendaria: il primo quesito riguardava proprio il mal funzionamento del meccanismo della custodia cautelare. Anche se non è stato raggiunto il quorum, il referendum ha prodotto un risultato importante proprio perché la maggior parte dei
votanti (oltre il 65% ) ha espresso il desiderio che il sistema giudiziario italiano venga riformato. Ma il problema da risolvere è la gestione degli uffici giudiziari: servono
grandi manager, competenti di giustizia ma al di fuori di un certo sistema, per rendere funzionale il pianeta giustizia. A cominciare dallo smaltimento degli arretrati.

Il metodo Palamara ha dimostrato che gli uffici direttivi non vengono dati secondo metodi meritocratici ma in base a meccanismi oscuri o quanto meno dubbi, che seguono una logica spartitoria. La stessa non può premiare il merito, ma solo penalizzarlo. Questo è un problema da risolvere alla radice – continua la Matone –  con una vera riforma del Consiglio Superiore della Magistratura. Per esempio la proposta del sorteggio tra pari dei magistrati che devono andare al Csm va nella giusta direzione perché si annullano quegli accordi e correnti che fino ad oggi hanno bloccato il sistema. La riforma attuale purtroppo è all’acqua di rose”.

Carlo Nordio ha parlato di depenalizzazione per i reati minori anche per non intasare inutilmente i tribunali. “Io mi riporto alla battaglia referendaria che credo spieghi molto bene la nostra posizione. Ovviamente la coalizione del centrodestra ha varie anime al
suo interno, unite però da un comune intento. Personalmente tengo a ribadire la
massima stima nei confronti di Nordio: apprezzo il lustro che ha dato alla nostra
professione in qualità di magistrato, ne avessimo avuti di giudici come lui. Potenziare le misure alternative è importantissimo. Per farlo però, è necessario potenziare anche tutta la struttura che ruota intorno alle stesse: quindi gli uffici per l’esecuzione penale del Ministero della Giustizia, il servizio di assistenza sociale, e tutta la filiera che fa parte del pianeta dell’esecuzione penale che va resa più forte nella sua totalità”.

La differenza tra concordato e patteggiamento

Simonetta Matone a Tor Bella Monaca durante manifestazione per la chiusura campagna elettorale della Lega per le amministrative, Roma 25 Settembre 2021.ANSA/GIUSEPPE LAMI

“Personalmente poi, sarei molto favorevole all’uso del concordato: il concordato in appello non è un rito alternativo e ci tengo a specificarlo; lo dice la dottrina, lo stabilisce la giurisprudenza. Una volta accertata la responsabilità del soggetto, presupposto necessario ed imprescindibile, il Pubblico Ministero si accorda con la parte sulla quantità di
pena da infliggere. Andrebbe utilizzato maggiormente questo strumento in appello anche nel processo penale, come già avviene nel civile”. La Matone prova a spiegare la differenza tra concordato e patteggiamento. “La differenza consiste proprio nel fatto che il concordato prevede l’accertamento in primo grado della responsabilità del soggetto incriminato e l’accordo è solo sulla quantità della pena”.

 

 

 

 

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