Dopo più di due anni dall’inizio della pandemia da Covid le aziende hanno adottato, per i propri dipendenti, la possibilità di lavorare dalle proprie abitazioni. Questo ha un nome e si chiama proprio ‘Smart Working’. A distanza di così tanto tempo, è la soluzione migliore? Gli ultimi dati non mentono affatto
Non è assolutamente un mistero che la parola “lavoro” è decisamente cambiata da quando (purtroppo) il Covid ha iniziato a fare parte delle nostre vite. Da quando l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha chiuso praticamente tutta l’Italia per i dipendenti delle aziende o altro è cambiato anche, automaticamente, il loro stile di vita. Per cercare di contenere, quanto più basso possibile, il numero dei contagiati è stata imposta la necessità di farli lavorare da casa.
D’altronde, se lo si può fare comodamente tra le proprie mura perché andare direttamente in ufficio? A quanto pare, questo, tutto questo non si tratta più di una “moda”. Ovviamente ha i suoi contro (probabilmente si lavora qualche oretta più del dovuto durante tutta la settimana) ma tantissimi “pro” (uno su tutti il non avere spese per recarsi nel luogo di lavoro).
Gli ultimi dati in merito all’utilizzo dello ‘Smart Working‘ parlano fin troppo chiaro: si è passati da mezzo milione di lavoratori a più di cinque. Come riportato in precedenza, però, tutto questo ha si portato dei svantaggi ma moltissimi vantaggi. A rivelarlo ci ha pensato direttamente un dato fornito da ‘NFON‘ che ha intervistato gli smart worker di sei paesi europei per capire un po’ come stanno affrontando la situazione.
Il 25% ha ammesso di lavorare di più, per 1/3 è aumentato lo stress (soprattutto il non scambiare quattro chiacchiere con il proprio collega per una ‘pausa caffè’) mentre il 40% può ritenersi contento perché può lavorare da casa anche se è malato. Il 57,3% dei lavoratori ha affermato che esercitare la propria professione da casa sia un grande vantaggio.