Bonaparte ne ha combinate di tutti i colori. Ma i cugini hanno fatto pace con il passato e c’è qualcuno che pensa si dovrebbe fare anche col Duce
Il Duce appassiona autori di destra e di sinistra. Tutti alimentano il dibattito con punti di vista opposti e continuamente ripetuti come in un braccio di ferro in cui nessuno prevale. La recente campagna elettorale si è svolta all’ombra del Duce, per via di Giorgia Meloni, scrive La Verità. Nata due generazioni dopo la morte di Mussolini passa per sua erede perché militò in An, che succedette al Msi che si ispirò al Pnf. Come dire che Enrico Letta è il figlioccio di Stalin, poiché aderisce al Pd, epigono del Pci che sostenne l’Urss. Ma l’ossessione è Mussolini.
La querelle è ormai un gioco di società italiano ma produce un eco scomodo fuori dai confini. All’estero manca un interesse sincero per le nostre cose e se ne parla ripetendo ciò che dicono da noi giornali e tv. Quindi, se il più modesto degli opinionisti getta su un candidato l’ombra di Benito l’eco rimbalza di qua e di là dell’oceano. E le orecchie si appuntiscono. L’Italia, nella memoria dell’Occidente, è ancora il Paese mussoliniano sconfitto nel 1945 a prezzo di tanti lutti tra le truppe alleate. Così finiamo tutti nel calderone, con danno della libertà politica, solo per non avere risolto il nostro rapporto con un uomo che abbiamo sepolto come Duce ma è ancora in piedi come emblema.
Un’ossessione quella del Duce e del fascismo
Un caso analogo ha avuto la Francia con Napoleone, ingombrante personaggio detestato e amato. Ad un certo punto però, i nostri vicini hanno messo a tacere le opposte fazioni innalzando l’Imperatore a loro eroe collettivo. Hanno chiuso gli occhi davanti ai suoi immensi crimini e le limitate virtù riconciliandosi in nome della Francia. Un geniale rovesciamento della frittata che ha offerto al mondo un Bonaparte ridipinto, popolarissimo tanto tra i savi quanto tra i folli e su cui prospera il turismo d’Oltralpe. Perché non fare l’eguale con Mussolini anziché restare così divisi, danneggiando il nostro presente? Napoleone, dirà qualcuno, ha fatto grandi cose e Benito non gli è comparabile. Questo è ciò che la Francia ha fatto credere al mondo su quel suo figlio terribile. La realtà è diversa. La tirannia di Bonaparte abolì le libertà e vi dominarono l’intrigo e il delitto di Stato.
Mise a tacere spauriti i maggiori autori dei suoi anni da Chateaubriand a Lamartine. I suoi meriti continuamente ripetuti sono l’introduzione dei Codici, l’abolizione dei ghetti, i cimiteri all’aria aperta, il risveglio dello spirito nazionale italiano – in cambio riempì il museo del Louvre svuotando le nostre collezioni – e più in generale l’avere smosso il vecchio mondo. In verità, lo mise a fuoco. Portò ovunque la guerra, sacrificando per un decennio tutte le vite di quelle generazioni. Immolò 350.000 francesi l’anno e trucidò milioni di tedeschi, slavi, ecc. Dicendo che voleva rovesciare i troni, vi piazzò i parenti. Quando abdicò nel 1815, non restava più nulla di ciò che aveva fatto salvo i cadaveri seminati. Ai nostri anni, sarebbe stato giudicato a Norimberga. Rispetto a Napoleone, Mussolini è un chierichetto. Se i francesi sono riusciti riappacificarsi con un tipo simile, possiamo ben farlo anche noi col nostro incomodo. Quando la storia ci presenta degli intoppi, e le figure sovradimensionate lo sono, bisogna essere pratici. Se no, ci si impantana per 77 anni e chissà quanti ancora.