La tassa veniva intascata e non riversata al Campidoglio, la Corte dei Conti accusa il personale dell’azienda e l’ex sindaco Alemanno
La tassa più odiata soprattutto dai romani, la cosiddetta Tari, cioè quella sui rifiuti, potrebbe essere al centro di uno scandalo. Risulterebbe infatti un buco di ben 54 milioni di euro per soldi intascati e mai versati al Campidoglio dalla municipalizzata incaricata di riscuoterli.
La tassa sui rifiuti (TARI) è la tassa relativa alla gestione dei rifiuti in Italia, destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell’utilizzatore. È stata introdotta il 27 dicembre 2013 dal governo Letta, con la legge di stabilità per il 2014 in sostituzione delle precedenti Tariffa di igiene ambientale e Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi.
Mentre i conti dell’azienda municipalizzata di Roma erano sempre più in rosso, decine di milioni di euro sarebbero stati distratti dai bilanci o inseriti in modo illegittimo. Soldi derivati dalla Tari, la tassa sulla raccolta dei rifiuti, che sarebbero dovuti servire al Comune di Roma per restituire servizi ai cittadini romani, invece che essere impiegati dalla municipalizzata stessa e che sono stati poi la vera causa degli ultimi problemi, provocando un vortice di confusione e mala gestione. La Corte dei Conti ha calcolato un danno erariale di ben 5.4 milioni di euro che, secondo l’accusa, sarebbe il motivo alla base dell’ammanco riscontrato nelle casse pubbliche, rendendo impossibile la gestione dei servizi.
“Conseguenze del mancato riversamento del tributo e delle compensazioni operate sulla gestione Ama”. La ditta avrebbe ”sistematicamente finanziato l’attività ordinaria con i proventi della Tari e delle concessioni cimiteriali che, quale agente contabile, avrebbe, invece, dovuto riversare alla tesoreria di Roma Capitale”, queste le conclusioni a cui sono arrivati gli accertamenti del nucleo Pef della Guardia di Finanza, che hanno portato a iscrivere sul registro degli indagati ben 31 persone tra cui alcuni che all’epoca dei fatti ricoprivano ruoli molto importanti nel Comune di Roma come l’ex Sindaco Gianni Alemanno, Franco Panzironi, Daniele Fortini e Lorenzo Bagnacani.