Un’indagine del Corriere della Sera analizza tutti gli elementi che hanno portato a decentrare l’importanza della professione, in un Paese dall’alto tasso di non occupati e al tempo stesso con 2 milioni di neet
Non solo la questione energetica, a colpire l’economia italiana c’è anche la crisi del mercato del lavoro. Lo mette in luce un’analisi del Corriere della Sera, che parte dalla carenza di persone, a partire dagli operai specializzati fino ad arrivare ai medici. Questa “costituisce una grave strozzatura del nostro sistema” e secondo gli addetti ai lavori impedisce di cogliere le occasioni di crescita.
Un paradosso se si considera in Italia si contano 2 milioni di neet, ossia giovani che non lavorano e non studiano. Eppure questa è la fotografia del nostro Paese, la cui motivazione è probabilmente nel rapporto tra domanda e offerta di lavoro.
Mancano ad esempio politiche attive che consentano un facile passaggio dalla scuola (o dalla disoccupazione) e a rendere tutto più complicato c’è anche la forte accelerazione del Pil registrata negli ultimi 18 mesi, le rapide trasformazioni tecnologiche e le nuove competenze richieste. In più c’è la questione demografica, ormai da anni in declino. Un ulteriore fattore che certamente (soprattutto in alcune aree del Paese) condiziona questa situazione e scoraggia la ricerca di un lavoro è il reddito di cittadinanza. Ultimo aspetto che rientra nel lungo elenco è rappresentato dal cambiamento culturale in atto, che sta trasformando l’etica del lavoro delle nuove generazioni, decentrandola rispetto al passato: adesso il giovane che si approccia a una professione vuole farlo con flessibilità, cercando di trovare il giusto equilibrio tra il proprio impiego, la vita privata e i suoi interessi. Insomma, una lunga serie di elementi che rendono sempre più complicata la situazione italiana e che spingono verso una modifica strutturale e culturale del sistema lavoro.