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Economia

Coldiretti: “Giusto cambiare il nome al ministero dell’Agricoltura. Ecco perché”

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Francesco Spagnolo

Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, sulla decisione di cambiare il nome al ministero dell’Agricoltura: “Scelta giusta, ecco perché”.

Ettore Prandini d’accordo con la decisione del premier Meloni di cambiare la denominazione del ministero dell’Agricoltura. A margine di un evento a Montichiari, il presidente della Coldiretti ha parlato della scelta fatta dal presidente del Consiglio sul dicastero guidato da Francesco Lollobrigida.

Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, condivide il nuovo nome del ministero guidato da Lollobrigida © Ansa

Apprezziamo la scelta di accogliere la nostra proposta di cambiare nome – si legge nel comunicato stampa della stessa Coldiretti – questo significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all’intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall’estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari di alta qualità“.

Prandini: “Garantire l’autonomia alimentare”

Prandini ribadisce la necessità di garantire l’autonomia alimentare in Italia © Ansa

In questo intervento Prandini ha ricordato che “la pandemia e la crisi energetica hanno dimostrato la centralità del cibo e l’importanza di garantire l’autonomia alimentare del Paese in uno scenario globale segnato da distorsioni commerciali, accaparramenti e speculazioni che mettono a rischio gli approvvigionamenti“.

Inoltre – ha aggiunto il numero uno della Coldiretti – bisogna ottimizzare l’impiego dei fondi del Pnrr e ammodernare la rete logistica, difendere i 35 miliardi dei fondi europei per l’agricoltura e combattere sia l’etichetta Nutriscore che l’arrivo del cibo sintetico in Italia“.

Per quanto riguarda gli aumenti, Prandini ha le idee molto chiare: “Serve assolutamente intervenire sui rincari dell’energia che mettono a rischio una filiera centrale per le forniture alimentari delle famiglie che dai campi alla tavola vale 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil nazionale, e vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio“.

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