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Curiosità

“Pathos”, la scrittrice Grazia Distefano racconta il suo ultimo lavoro

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Arianna Di Pasquale

Ilaria Solazzo, giornalista pubblicista e blogger, ha intervistato la scrittrice e poetessa Grazia Distefano

Il testo letterario può essere inteso come un insieme organico di elementi linguistico-espressivi organizzati in un sistema in cui per una reciproca interagibilità, cioè per una scambievole relazione, ogni elemento linguistico acquista valenza e comprensione se rapportato ad altri elementi linguistici o a tutto il componimento; e per struttura di un testo si intende questa fitta rete di corrispondenze interne tra elemento e elemento che nel complesso formano un’unità. Per testo poetico più specificatamente si intende quel componimento artistico fondato sull’unità del verso, che è portatore di suono e senso, di significante e significato; inoltre ciascun verso è da rapportarsi ad un preciso piano espressivo di suono e di ura.


V’è da dire che il linguaggio poetico ha una sua singolarità che lo rende del tutto diverso dalla comunicazione quotidiana, poiché autoreferenziale, ovvero si attiene alla sfera personale dell’artista, che in questo testo trasferisce le proprie idee sulla vita, sul mondo, sugli uomini e sulla morte.

E se il linguaggio con cui comunichiamo è pratico, finalizzato cioè a farci vivere meglio, e quindi informativo; il linguaggio poetico per sua natura è un linguaggio intransitivo poiché si autoriflette sulla personalità di chi lo compone; per cui definisce questo del tutto privo di referenti oggettivi e determinanti poiché la realtà riguarda il mondo interiore del poeta, il quale trasura artisticamente, ricreandolo, il proprio tessuto interiore di sentimenti, idee ed emozioni.

Ma è proprio questo il fascino della lingua poetica: la sua incapacità di definire scientificamente le cose, lasciando al lettore un territorio di mistero, un fondo fermentante di ambiguità e tortuosità, ma anche di irresistibile seduzione.

Il lettore in mancanza di dati oggettivi può dare una personale interpretazione al testo, scosso in un’indagine del significato ultimo della parola poetica.

Se la parafrasi del testo e il suo carpirne il senso complessivo rientra nella fase denotativa, la ricerca, invece, dei valori simbolico-universali insiti nelle parole stesse rientra nella fase connotativa.

Si tratta quindi adesso, per analizzare completamente il testo poetico, di sostanziare l’impatto emotivo di una conoscenza tecnica degli strumenti della sua analisi; per una teoria e pratica di tale analisi occorre distinguere il testo in vari livelli di analisi.

I versi di Grazia Distefano in “Pathos” danno inizio ad una raccolta di poesie che la poetessa ha tessuto per descrivere un viaggio, un percorso universale tracciato dall’amore inteso nel suo significato più profondo ed assoluto.

Un filo sottile che unisce le anime, il pathos, che sconfigge la monotonia del vivere quotidiano ed innesca un processo di nascita e rinascita attraverso una forza trascinante unica la mondo.

“Che l’amore sia tutto, è tutto ciò che sappiamo dell’amore” così  recitava la grande Emily Dickinson che ha  cantato l’amore nella maniera più distaccata dalla vita, ma quanto mai profeticamente vera e nuda.

Quando il mattino arriva, ogni cosa diventa certa, chiara al punto da afferrare a piene mani la reciprocità dei gesti, delle azioni, della furente passione di un amore che, nel misterioso  atto del nascere, vive la sua stagione nell’incontro, nel mai cessato “cercarsi” e “trovarsi” per appropriarsi della linfa vitale dell’amore.

Attraverso le tracce, Pathos ci pone di fronte ad una cruda realtà: noi tutti siamo destinati a incontrare il male (spesso per causa di altri), a soffrire, ad attraversare tempeste e oscurità; le persone sensibili sono quelle più soggette a questo tipo di destino (“se sei sensibile qua nuoti fra gli squali bianchi”).

“Ci si sente soli e incompresi, e si inizia a pensare che non si sarà mai felici; spesso gli uomini, gli altri, sanno essere il peggior incubo di chi vede e vive la vita in modo diverso dal sentire comune, per questo si accumulano cicatrici, delusioni, vuoti, e ciò che resta da baciare è la solitudine”

Quello di “Pathos” non è un urlo, non è esibizione per i riflettori, è semplicemente un sussurro, un canto umile, sincero e spontaneo.

“La Poesia e la scrittura, con il loro segreto ben custodito, ci portano con sé facendoci dimenticare per un po’ i dolori del presente o del passato: come poche altre cose al mondo, loro sanno davvero donarci la possibilità di un’evasione. Un’evasione che ci salva”

Definisci la motivazione che spinge il poeta a paragonarsi al mito di Ulisse.

“Il poeta si sente teso verso l’ignoto per poter apare così la sua sete di sapere, pertanto ciò non può non avvicinarlo alla ura di Ulisse che è senza dubbio l’eroe che pur di conoscere si avventura in viaggi nei mari sconosciuti”.

Opera un confronto tematico tra il viaggio verso la terra di nessuno e il porto.

“Se il porto rappresenta l’agognata tranquillità, il soddisfacimento dell’inquietudine umana, il regno di nessuno rappresenta il significato ultimo della vita, irraggiungibile ma così desiderabile per gli uomini”.

Si pensi che l’arte è una forma di conoscenza e, come tale, penetra attraverso le sensazioni di chi ne fruisce.

“Malinconia e noia sono fonti essenziali per la predizione e il consumo del prodotto artistico, al contrario allegria e sanità, apando totalmente l’uomo, non gli consentono l’esplorazione di quell’oltre che si nasconde nella sua intimità”.

Associato al bello vi è il gusto, cioè la capacità, nel nome della ragione, di frenare l’impulsività creativa; mentre caratteristica del sublime è il genio, caratteristico della trasgressione e della disobbedienza, che altro non è che quella forza implosivi che diviene esplosiva nell’opera d’arte. Sei d’accordo?

“Si pensi che perfettamente conoscitori di questa distinzione erano gli Illuministi che scrivevano che il genio è un dono di natura, opponendolo, quindi, in modo evidente al gusto. Pertanto è possibile definire il genio come il libero scatenarsi dell’istinto creativo dell’artista”.

Perché proprio “Pathos”?

“Sono poesie in viaggio proprio perché quasi ogni poesia è ambientata in un luogo diverso, durante uno dei tanti viaggi che ho fatto, in solitudine o in compagnia, in questi anni. Ognuno di questi componimenti è il frutto di una profonda riflessione interiore e di un ricercato, preciso ed elaborato labor limae, senza cui nessuno scritto può dirsi davvero completo e pienamente realizzato”.

Le parole sono poesia?

“I fiori sono poesie, la pittura esprime lo stesso sentimento di una poesia, le poesie catturano come un dipinto l’espressione di momenti di vita. Amare la bellezza in tutte le sue espressioni ci induce a catturarla nella pittura e nella scrittura. Alla fine i risultati che ne derivano, seppur modesti, parlano di noi”.

È una poesia intrisa di empatia la tua.

“Fabbri Logos e Pathos: La poesia intesa come pensiero. È come volare. L’ignoto davanti, nel rischio di attimi una traccia nella mente diluisce il pensiero. In essenze delicate certe volte violente del flusso intenso che veleggia libero dentro la coscienza. La poesia intesa come pensiero. La ricerca dell’emozione all’interno della mente umana”.

Un tuo augurio per ogni lettore?

“L’importante è non cedere di fronte alle difficoltà della vita ed al dolore. Dopo aver provato rancore e rabbia; dobbiamo imparare ad accettare questo dolore e trasformarlo in Poesia… in fuoco d’amore per noi e per gli altri. È questo uno dei presupposti da cui partire per comprendere e gustare appieno il libro “Pathos” ovvero un insieme di ricordi, dolori, riflessioni, che  vengono filtrati attraverso l’arte per diventare non prigione, non morte, ma speranza, forza, vita”.

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Arianna Di Pasquale