Tutti ormai ricevono delle chiamate indesiderate con offerte commerciali varie, ma c’è un modo per evitare il problema. L’iscrizione al Registro pubblico delle opposizioni permette di ridurre drasticamente la telefonate
Quante volte vi capita di rispondere al telefono e sentire dall’altra parte della cornetta la solita offerta commerciale da parte di call center a cui non siete interessati? Ci passiamo tutti, è una consuetudine con cui ormai stiamo imparando nostro malgrado a convivere, ma c’è un modo per evitare il problema, o quantomeno ridurlo. Per farlo occorre iscriversi al nuovo Registro pubblico delle opposizioni, operativo dall’estate del 2022 con decreto del presidente della Repubblica.
Chiunque può inserire in qualsiasi momento il proprio numero di telefono fisso o cellulare nell’elenco di chi non vuole che vengano utilizzati i propri dati personali e del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali. L’iscrizione è gratuita e indefinita, anche se può essere revocata in ogni momento.
Iscriversi al registro delle opposizioni tuttavia non elimina del tutto il problema, in quanto il divieto ai call center di chiamare l’iscritto riguarda solo i numeri contenuti negli elenchi telefonici, senza escludere l’utilizzo dei numeri fissi o mobili raccolti e successivamente utilizzati in base a un consenso prestato, anche senza rendersene conto, dall’interessato. Sono quei casi in cui magari sono stati firmati documenti che implicano autonomamente il consenso all’utilizzo o alla comunicazione a terzi del proprio numero per lo svolgimento di attività di marketing anche telefonico (in quel caso occorre esercitare il diritto di recesso direttamente con la compagnia in questione).
La legge comunque prevede alcuni obblighi per i call center che fanno le telefonate:
Nel caso in cui le chiamate continuino si può presentare un reclamo o una segnalazione al Garante della privacy, indicando le telefonate ricevute. In caso di violazione del diritto di opposizione, si applicano le sanzioni previste dalla legge, che possono arrivare fino a 20 milioni di euro o per le imprese fino al 4% del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore.