Il denim è uno dei tessuti più diffusi nel mondo della moda, ma con un elevato costo ambientale, al quale si sta cercando di porre rimedio
Di “lui” da tempo volevo scrivere e l’occasione è l’imminente “Denim Premier Vision Milano”, che avrà luogo dal 23-24 Novembre a Milano. Grande fiera/piattaforma globale e itinerante alla quale, dopo quella dello scorso anno a Berlino, partecipa (tra espositori e visitatori) l’intera comunità del Denim.
La fiera riunisce in un unico evento professionisti del settore per promuovere il proprio know-how, introducendo al contempo tendenze moda del colore e del tessuto per le prossime stagioni. L’evento promuove gli ultimi sviluppi in tema d’innovazioni con proposte incentrate soprattutto sull’eco responsabilità ed è indirizzata tutti gli specialisti del jeanswear. Dai trend elaborati dagli specialisti delle previsioni di tendenza (agenzie forecasting) sembra chiaro che il denim sia uno dei materiali chiave per l’Autunno-Inverno 23-24.
Il denim è uno dei tessuti più diffusi nel mondo della moda (3 miliardi e mezzo di capi prodotti ogni anno), un classico che si è dimostrato versatile e comunque sempre in linea con i tempi. Vi sto parlando del blue-jeans, proprio di “lui”, il pantalone in denim, il capo più amato e iconico, quello che meglio di ogni altro ha interpretato i cambiamenti culturali facendosi portavoce delle tante trasformazioni, qualificandosi più di altri come un capo must have: rivoluzionario ma democratico e trasversale, casual e sportivo, workwear, chic o glamour, sempre onnipresente in ogni guardaroba: una seconda pelle.
Il mito che inquina e come ridurre l’impatto ambientale
Oggi il mitico blue-jeans affronta la sua più importante rivoluzione e dopo tante trasformazioni eccolo alle prese con la battaglia più difficile quella di attraversare questo difficile fase di transizione ed uscirne indenne e come sempre vincitore. L’impatto ambientale dei jeans è altissimo. Il denim, oltre ad essere uno dei tessuti più utilizzati e anche uno tra quelli che richiedono il più alto impegno di risorse. E’ ormai noto a tutti che per la produzione di un paio di jeans è necessario impiegare 3.800 litri d’acqua, mentre per produrre un chilo di fibre di cotone occorrono 10.000 litri di acqua, 12 m2 di terreno e 18,3 Kwh di energia elettrica, a fronte di un’emissione di 33,4 kg di CO2 equivalente durante l’intero ciclo di vita del prodotto.
La produzione del tessuto denim, per la realizzazione dei tanto amati jeans, assorbe circa il 35% di tutta la produzione mondiale di cotone. A questo si va ad aggiungere un cospicuo utilizzo di coloranti, pesticidi, prodotti chimici nelle fasi di finitura: tintura, decolorazione e finissaggio oltre al rilascio di microfibre, per il ciclo di lavaggio, nelle acque reflue. Tutto ciò determina un gravissimo impatto ambientale.