Le accuse della Guardia di Finanza sono pesantissime: traffico di droga internazionale. Sgomento ai vertici dell’Aia
Durante il loockdown e mentre il resto del Paese era segregato a casa, indossava la mimetica (vecchi cimeli di quando era un ufficiale dell’esercito) e ne approfittava per poter circolare liberamente e continuare a portare avanti un traffico illecito di stupefacenti. Tutto sotto la luce del sole, immaginando di non venire mai scoperto. Le accuse verso l’attuale dirigente arbitrale sono pesantissime. Anche alla luce dell’attuale incarico in seno all’Aia (Associazione Italiana Arbitri).
Rosario D’Onofrio, scelto per la guida della procura arbitrale, è stato arrestato, insieme ad altre 41 persone, dalla guardia di Finanza, nell’ambito dell’operazione di due giorni fa dell’inchiesta della Dda milanese per traffico internazionale di droga. Le accuse nei suoi confronti sono pesantissime. D’Onofrio, secondo le accuse, fa parte delle persone (italiani, albanesi e spagnoli) che tra il 2019 e il 2021 avrebbero introdotto in Lombardia oltre sei tonnellate di marijuana e hashish. Durante l’operazione è stata sequestrata quasi mezza tonnellata di droga, più mille ricariche per sigarette elettroniche a base di cannabinoidi.
D’Onofrio e le polemiche
Una notizia che ha portato il mondo calcistico ed arbitrale nello sgomento. Alfredo Trentalange, numero uno dell’Aia avrebbe appreso con stupore la notizia dell’arresto di D’Onofrio ed avrebbe già avvisato il Comitato Nazionale, annunciando le dimissioni dell’ex ufficiale dell’esercito. D’Onofrio era stato scelto per la guida della Procura arbitrale con la nuova gestione e lo scorso 28 ottobre era stato deferito dalla Procura Figc, guidata da Chinè, per la mancata apertura di un formale procedimento disciplinare dopo la denuncia dell’ex assistente di A Avalos che contestava l’attribuzione di diversi voti. Tra D’Onofrio e Avalos ci sarebbero stati alcuni contatti telefonici. Una vicenda che aveva destato qualche malumore nell’Aia, ma che per la Procura Figc non poteva non essere portata avanti.