“Rambo” D’Onofrio, il pm degli arbitri arrestato per droga: bufera sull’Aia

Nel maggio 2020 fu arrestato mentre consegnava un carico di 40 chili di marijuana. 10 mesi dopo fu promosso procuratore capo dell’Aia

“Ho subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del comitato nazionale su proposta del presidente dell’Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale”. Il presidente della Figc Gravina è durissimo verso i vertici dell’Aia, dopo l’arresto del procuratore capo dell’Associazione Italiana Arbitri Rosario D’Onofrio.

Rosario D’Onofrio, arrestato dalla Guardia di Finanza – Ansa

Una vicenda che sfiora l’assurdo e che lascia sgomenti i responsabili della Federazione Italiana Giuoco Calcio e tutti i tifosi e gli addetti ai lavori, che si chiedono come sia stato possibile affidare un ruolo così delicato e di grande responsabilità, ad un uomo che (al momento della nomina) si lasciava alle spalle già vicende poco chiare. La storia di D’Onofrio è infatti ricca di note stonate, arresti, deferimenti e vicende poco chiare. Tutti elementi che mal si integrano con i ruoli di grande responsabilità che il settore arbitrale ha deciso negli anni di affidargli.

Nel 2013 Marcello Nicchi (all’epoca presidente dell’Aia) lo fece entrare nella commissione disciplinare. Ovvero quelli che giudicano i comportamenti degli arbitri e che valutano l’integrità morale e sportiva dei direttori di gara. D’Onofrio era talmente considerato che Alfredo Trentalange (attuale numero uno del mondo arbitrale) lo ha nominato a capo dell’ufficio che indaga su eventuali irregolarità degli arbitri. Un uomo sul quale l’Aia è stata quindi pronta a scommettere ad occhi chiusi. Peccato che D’Onofrio (ribattezzato dalla Guardia di Finanza Rambo), era al centro di un traffico di droga tra Italia e Spagna, e durante il lockdown usava la mimetica dismessa per muoversi liberamente.

La promozione dell’Aia

A sinistra Trentalange, capo dell’Aia, a destra D’Onofrio – Ansa –

Come è stato possibile affidare ad una persona coinvolta in una vicenda così torbida, un ruolo tanto delicato in un mondo arbitrale da sempre al centro di discussioni e polemiche? Passi che nei primi anni l’Aia si fidasse ciecamente di lui, ma come hanno fatto i vertici arbitrali a chiudere gli occhi di fronte a ciò che successe a maggio del 2020? D’Onofrio era stato arrestato in flagranza di reato mentre consegnava un carico di 40 chili di marijuana. Nonostante questo, dieci mesi dopo (marzo 2021) Trentalange (appena subentrato a Nicchi), lo ha promosso a procuratore capo dell’Aia. 

Ora il nuovo arresto. D’Onofrio (Rambo) è finito nella rete di un’operazione della Dda di Milano e della Guardia di Finanza per traffico internazionale di droga. E’ stato arrestato insieme ad altre 41 persone. Come ha fatto il mondo arbitrale ad affidargli un ruolo così delicato? Come mai nè l’Aia, nè tantomeno la Figc (che adesso si è detta scandalizzata), abbia scavato nella sua vita prima di affidargli un ruolo così delicato? Nel calcio, l’unico motivo di ‘sospetto’ nei suoi confronti, ma del tutto lontano da vicende legate al traffico di droga, era emerso di recente. La Procura della Figc, guidata da Giuseppe Chine’, lo scorso 28 ottobre lo aveva deferito per una vicenda riguardante il suo incarico, imputandogli la mancata apertura di un procedimento disciplinare e l’avvio di attività inquirenti “in assenza dell’instaurazione di un formale procedimento”. La commissione federale di garanzia esaminerà il caso in un’udienza già fissata per il 25 novembre.

La posizione dell’Aia

L’Aia ha espresso “sorpresa e sgomento” per la vicenda  e sottolinea che “per assumere la qualifica di arbitro, l’interessato deve dichiarare l’assenza di procedimenti penali nonché di condanne superiori a un anno per reati dolosi” e che il regolamento impone anche “l’immediata comunicazione di avvisi di garanzia, pendenze di procedimenti penali e misure restrittive della libertà personale”. “Questo – prosegue l’Assoarbitri – non è mai accaduto” nel caso di D’Onofrio, neanche dopo la nomina a procuratore e quindi l’Aia “è stata vittima ed indotta in errore con una gravissima e dolosa omissione. Un tradimento che ha creato un serio danno d’immagine a tutta l’Aia che non ha a disposizione poteri istruttori. Un aspetto questo – è la conclusione – che dovrà essere oggetto di un’attenta valutazione e di eventuali nuove misure operative per non ritrovarsi in futuro in situazioni simili”.

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