Il tecnico dei giallorossi molto deluso dopo l’1-1 all’Olimpico ottenuto in extremis contro il Torino grazie al gol di Matic nel recupero: “Per i giocatori penso sia arrivato il momento di fare un’autocritica. Anche io la farò con me stesso”
Ha chiuso con un’esplusione il suo 2022, José Mourinho. Ma con un punto raggiunto in extremis quando tutto sembrava ormai portare verso un successo del Torino. Il tecnico ne ha parlato a DAZN al termine della partita, rifiutandosi ancora una volta di parlare con lo studio, ma dialogando solo con l’inviato sul posto, partendo proprio dal cartellino rosso: “L’espulsione è giusta, le mie parole all’arbitro sono parole che meritano il cartellino rosso. Ho parlato con lui dopo la partita e mi sono scusato. Però del gioco e del suo gioco come arbitro non voglio parlare. Penso che ho avuto l’umiltà di scusarmi per le parole, ma della sua performance nella partita, nella sua ipotetica influenza nello sviluppare la partita, al di là di qualche episodio importante, lascio per voi i giudizi. Un’analisi che faccio per me stesso. La partita è finita. Io dico sempre che la partita che puoi vincere non è quella che è finita, ma quella dopo. Non mi piace parlare pubblicamente di situazioni tecniche“.
L’allenatore della Roma ha poi analizzato la partita: “Ci sono state due partite oggi. Una fino al 70′ e una dopo il 70′. Fino al 70′ i tifosi della Roma volevano andare a casa, qualcuno fischiava, erano dispiaciuti e non giocavamo bene. Poi in 20 minuti abbiamo creato più dei primi 70. Forse più di quanto abbiamo fatto nelle ultime 4-5 partite. Perché? Il motivo è semplice. Siamo una squadra con determinati limiti e quando un giocatore come Dybala non gioca cambiano le cose. Quanti punti avremmo in più se nelle ultime sei partite avessimo avuto Dybala in campo? E due di queste le abbiamo affrontate senza lui e Pellegrini insieme”.
Mourinho e la ricerca della qualità
L’analisi di Mourinho è andata avanti: “Ci sono squadre che hanno 20 giocatori meravigliosi e creativi, la nostra luce invece sta lì. Ci sono dei giocatori che stanno a un livello bassissimo e la squadra ha bisogno di tutti. Ovviamente per noi è utile riposare un po’ e poi prepararci con un secondo ritiro. Ma dal punto di vista individuale penso sia tempo per i giocatori di fare autoriflessione e autocritica. Lo stesso che farò io con me stesso. Con tutti questi problemi, solo una squadra con grande spirito fa quello che abbiamo fatto oggi. Prendi due pali, sbagli un rigore al 92′. In genere la partita è morta lì, invece siamo andati avanti fino alla fine. E se c’erano altri due minuti facevamo di più. Ho chiamato questi minuti i venti minuti della speranza, quella di riavere Dybala e Pellegrini. Siamo uniti, lavoriamo tutti insieme. Complimenti a Tahirovic perché ha fatto il suo debutto molto bene“.
Il rigore calciato da Belotti
E questa qualità a suo giudizio influisce pure sulla costruzione di una mentalità vincente: “La mentalità la fanno i giocatori, la maggioranza dei giocatori che può dominare la costruzione di questa mentalità. Si parla da tanto della cultura di club, della tifoseria, dell’ambiente, ma non sono d’accordo. Credo che tutto dipenda dai giocatori di qualità“. Infine Mourinho ha rivelato che Belotti non fosse il rigorista designato per quel penalty nei minuti di recupero: “No, non era lui. Chi fosse non è una cosa che ti posso dire. Non era nemmeno in panchina. Ma è un tipo di situazione come Ibanez contro la Lazio. Può sbagliare. Il problema è quando puoi dare più di quanto dai e per qualche motivo non lo dai. La fragilità psicologica, se il calcio non è la cosa principale della tua vita, io non lo accetto. Ma Belotti che ha il coraggio di prendere il rigore e di sbagliare, come minimo ha avuto il coraggio di sbagliare“. In conferenza stampa Mourinho ha parlato anche di due casi spinosi, quelli legati a Karsdorp e Abraham: “La decisione di escludere Karsdorp è solo mia, ma non devo spiegare tutto. Lui sa perché e anche i compagni. Non devo dirlo a voi. Abraham? Penso che quando diventi un giocatore professionista in un universo di milioni di bambini che volevano esserlo, non ti serve l’appoggio di nessuno. Non ti serve una fonte esterna a te stesso per motivarti. L’allenatore deve fare questo, lo psicologo deve aiutare… Ma in campo bisogna dare tutto ogni giorno, ogni allenamento, ogni partita. Ti servono motivazioni per prendere lo stipendio? Dobbiamo tutti dare di più“.